Abusi e nonnismo, una piaga ancora da estirpare.
L’ingresso delle donne nelle FF.AA. è stato graduale e non certo privo di difficoltà, soprattutto per quanto concerne l’applicazione dei principi Costituzionali vòlti a garantire il principio di uguaglianza, così come sancito dall’Articolo 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso(…)”.
Un’uguaglianza sancita anche dagli articoli: 37, 51 e 52 della Costituzione.
Disposizioni che stabiliscono i diritti e i doveri, in materia di parità, riconosciuti a tutti i cittadini italiani senza distinzione di sesso.
Ottanta anni di piccoli grandi passi avanti che, ad oggi, vedono le donne sempre più attive e presenti nelle FF.AA.
Cambiamenti che, a loro volta, inevitabilmente ne comportano altri come quello al Codice penale militare di pace.
Infatti questo provvedimento, attualmente in vigore, risale al lontano 1941, un’epoca in cui l’idea di avere donne “in armi” era ben lontana se non utopica.
Solo coi vari interventi legislativi – come la legge 380 del 1999, in forza della quale le donne potranno aderire alle Forze Armate – avrà inizio il reclutamento militare femminile.
Provvedimenti che rendono la donna partecipe attivamente nelle FF.AA. e che, di conseguenza, ne rendono necessari ulteriori al fine di tutelare la figura femminile nell’Esercito.
Primo fra tutti: la lotta contro le discriminazioni di genere nelle Forze Armate (discriminazione anche sotto un aspetto gerarchico, lesioni dei diritti della dignità della persona attraverso condotte illecite e di conseguenza anche lesive dell’interesse pubblico, alla cui difesa le Forze Armate sono preposte).
Per questa ragione e’ necessario garantire il buon funzionamento dell’amministrazione militare.
A tal proposito il Codice Penale Militare di Pace, prevedendo solo alcune fattispecie di reato contro la persona (così come contro l’amministrazione militare e il patrimonio), deve prevedere altresì reati che si possono perpetrare contro le donne militari.
Proposte di legge in difesa delle donne nelle FF.AA.
Per questo motivo, è stato presentato il disegno di legge n. 243 d’iniziativa del Sottosegretario alla Difesa senatrice Isabella Rauti e dell’ Onorevole Lucio Malan, comunicato alla Presidenza il 26 ottobre 2022, concernente le “Disposizioni per l’introduzione nel codice penale militare di pace di fattispecie corrispondenti a quelle di violenza privata, violenza sessuale e atti persecutori”
Contenuto:
Art. 1.
1. Al libro secondo, titolo IV, capo III, del codice penale militare di pace, dopo l’articolo 229 sono aggiunti i seguenti:
« Art. 229-bis. – (Violenza privata) – Il militare che, con violenza o minaccia, costringe altro militare a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione militare fino a quattro anni.
La pena è aumentata se la violenza o la minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più militari riuniti, o con scritto anonimo, o in modo simbolico.
Art. 229-ter. – (Violenza sessuale) – Il militare che in luogo militare, con violenza o minaccia o con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, costringe altro militare a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
Alla stessa pena soggiace il militare che induce altro militare a compiere o subire atti sessuali traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
La pena è aumentata di un terzo se il fatto è commesso:
1) con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa;
2) da persona travisata o che simuli la qualità di superiore gerarchico;
3) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale;
4) nei confronti di una donna in stato di gravidanza;
5) nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.
Art. 229-quater. – (Violenza sessuale di gruppo) – Il militare che in luogo militare e in concorso con altri militari commette nei confronti di altro militare atti di violenza sessuale di gruppo come previsti dall’articolo 609-octies, primo comma, del codice penale è punito con la reclusione da otto a quattordici anni.
La pena è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste dal terzo comma dell’articolo 229-ter. La pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato. La pena è altresì diminuita per il militare che sia stato determinato a commettere il reato da un superiore.
Art. 229-quinquies. – (Pene accessorie) – La condanna per alcuno dei reati indicati negli articoli 229-ter e 229-quater, quando non ne derivi la degradazione, comporta la rimozione.
Art. 229-sexies. – (Atti persecutori) – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi il militare che, con condotte reiterate, minaccia o molesta altro militare in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di una donna in stato di gravidanza, ovvero con armi o da persona travisata.
Art. 229-septies. – (Condizioni di punibilità) – Le disposizioni del presente capo si applicano se il fatto è commesso per cause inerenti al servizio o alla disciplina militare, alla presenza di militari riuniti per servizio o da militare che si trovi in servizio o in luogo militare ».
L’urgenza delle riforme
Riforme la cui urgenza si fa ancor più pressante se si prendono in considerazione i diversi casi di sessismo e misoginia che, ancora oggi, a più di 20 anni dall’ingresso delle donne nelle Forze armate, continua a vigere nelle caserme .
Basti pensare a quanto accade nell’esercito americano in cui l’80% delle soldatesse ha subito molestie sessuali e il 40% uno stupro.
Uno dei casi più macabri è stato il ritrovamento del corpo smembrato di Vanessa Guillén, assassinata dal soldato che l’aveva stuprata. Abusi sulle donne nelle forze militari Usa difficili da denunciare, perché commessi soprattutto da parte dei gradi superiori.
La piaga del nonnismo
In tema di abusi nelle FF.AA. è inevitabile parlare della vergognosa piaga del nonnismo.
Una violenza nascosta da goliardia che, per anni, è stata riservata solo agli uomini.
Precisamente a quelli che si mostravano più fragili , o semplicemente meno aggressivi, e che ad oggi colpisce sempre più donne.
“Poiché oggi nelle forze armate sono presenti anche le donne, gli atti di prevaricazione e di violenza che costituiscono il ‘nonnismo’ spesso si connettono e si associano con una finalità di carattere sessuale”. Era quello che avveniva, per fare un esempio, nella caserma Clementi di Ascoli Piceno dove le indagini per l’omicidio di Melania Rea hanno portato all’attenzione dell’opinione pubblica anche diversi casi di nonnismo “di carattere sessuale”, sono state queste le parole di Marco De Paolis, procuratore generale militare, durante un discorso tenuto per l’inaugurazione dell’anno giudiziario militare a marzo 2019. Ricordando vicende di cui erano state vittime varie allieve, ma che solo poche avevano avuto il coraggio di denunciare.
Abusi, sessismo, nonnismo, piaghe che ancora oggi affliggono le FF.AA. e che dimostrano come la strada delle donne in armi, sebbene le grandi conquiste, sia ancora in salita.