Quanti sogni ha una donna di 33 anni?
Tanti, troppi per dire addio a una vita stroncata prima ancora di essere vissuta nei suoi progetti, obiettivi e traguardi.
Come quelli che costellavano la vita della trentatreenne Rebecca Cheptegei, la maratoneta dell’Uganda che aveva gareggiato arrivando quarantaquattresima alle Olimpiadi di Parigi, morta in seguito all’aggressione del compagno che le aveva provocato ustioni sul 75% del corpo.
La donna era ricoverata ad Eldoret in Kenya in terapia intensiva.
Un orrore consumatosi il primo settembre, quando l’atleta era appena rientrata a casa dopo essere stata a messa con i suoi figli.
Il compagno, infatti, aveva fatto irruzione in casa e, dopo una lite, l’aveva cosparsa di benzina.
Un crimine efferato che sembra un atto chiaramente premeditato.
Il fidanzato di Cheptegei, Dickson Ndiema Marangach, si era presentato a casa della donna con una tanica di benzina che aveva comprato. Anche lui ha riportato ustioni.
I genitori della vittima avrebbero legato il movente dell’aggressione all’acquisto di un terreno nella Contea di Trans-Nzoia, in Kenya, fatto di recente acquisto da parte dell’atleta.
Ennesima sconfitta della tutela dei diritti delle donne in Africa
Oltre la metà delle ragazze è stata vittima di abusi sessuali prima dei 15 anni, mentre il 22% delle donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni ha subito una forma di violenza sessuale.
Questi sono i dati agghiacciante riportati da Amref, la più grande organizzazione che offre supporto alla popolazione africana.
Ma non è finita qui, nel 2021, durante il picco della pandemia di COVID-19, sono state registrate oltre 300.000 gravidanze di adolescenti in Uganda, corrispondenti a più di 32.000 gravidanze adolescenziali al mese.
Uno scenario inquietante, che diventa ancor più allarmante considerando il fatto che queste gravidanze non intenzionali rappresentano il 42% di tutte le gravidanze tra le adolescenti nel paese.
Gravidanze precoci che comportano delle conseguenze devastanti sulle giovani donne.
• Tra queste: il rischio maggiore di complicazioni durante la gravidanza e il parto, e sono più propense all’isolamento sociale, avendo così maggiori difficoltà nel mantenere relazioni sane.
Un altro aspetto drammatico in cui versano le madri adolescenti è rappresentato dal 64% che non completerà neppure il livello di istruzione primaria. Una situazione in cui il diritto allo studio rappresenta un vero e proprio miraggio per donne che non solo si ritrovano ad affrontare giovanissime un’esperienza più grande di loro, come appunto la gravidanza, ma sono altresì condannate a vivere nell’ignoranza.
Ma a cosa è dovuta tutta questa violenza nei confronti di giovani donne?
Sempre secondo quanto riportato da Amref la causa principale è la povertà.
Questa rappresenta sia la causa che la conseguenza della violenza sulle donne e le ragazze.
Infatti, nelle baraccopoli della capitale dell’Uganda, i genitori per via del lavoro non hanno il tempo di occuparsi delle proprie figlie.
A questa problematica se ne aggiunge un’altra che mette maggiormente a rischio le ragazze, ossia quella di usare spesso i bagni comuni, senza alcuna privacy. Una condizione questa, che rende le ragazze ancora più vulnerabili agli stupri e ad altre forme di violenza di genere.
Un dramma in prevalenza africano
Basti pensare che delle 200 milioni di donne che hanno subito la mutilazione genitale femminile nel mondo, la maggioranza è africana; il 66% di tutte le morti materne globali si verifica in Africa.
Una discriminazione di genere che non si ripercuote solo sull’aspetto giuridico e sociale ma anche economico. Infatti, dal 2010 sono arrivate a costare in media 95 miliardi di dollari l’anno, con un picco nel 2014 di 105 miliardi di dollari, ovvero il 6% del PIL africano.
Il dramma della sposa bambina
250 milioni. È questo il numero di donne che si sono sposate avendo un’età inferiore ai 15 anni.
Spesso, costrette a sposarsi contro la propria volontà.
Uno scempio di civiltà che vede ogni anno 15 milioni di giovani donne e ragazze costrette a sposarsi. Questo significa 28 ragazze al minuto.
Il 17% delle spose bambine vive in Africa.
In valori assoluti, si sta parlando di un numero particolarmente elevato: 125 milioni di spose bambine.
Da precisare che questo abominio riguarda tutto il mondo. Ci sono però, due grandi zone del pianeta dove questa piaga umana si manifesta in modo incisivo. Si sta parlando dell’Africa subsahariana (specialmente in Paesi come Niger e Repubblica Centrafricana, dove, rispettivamente, il 76% e il 68% delle donne si sono sposate prima dei 15 anni di età)
Asia meridionale (specialmente in Paesi come Bangladesh e India, dove, rispettivamente, il 52% e il 47% delle donne si sono sposate prima dei 15 anni di età).
Uno scenario macabro al quale si aggiungono dettagli inquietanti come il rapimento delle giovanissime, visto che, spesso, prima di essere costrette a sposarsi (gran parte delle volte con uomini molto più anziani), le giovani vittime vengono selvaggiamente rapite.
Rapite della loro giovinezza dei loro diritti e quindi della loro libertà.
Una situazione disastrata, fatta di vite spezzate nella loro dignità e che portano alla mente quanto detto dalla penna libera e mordace di Oriana Fallaci:
“La rivoluzione più grande è, in un paese, quella che cambia le donne e il loro sistema di vita. Non si può fare la rivoluzione senza le donne. Forse le donne sono fisicamente più deboli ma moralmente hanno una forza cento volte più grande”.