Oltre le cifre: il dramma umano delle sparizioni forzate

Set 17 2024
Rita Lazzaro

15 settembre giornata internazionale della democrazia, 30 agosto giornata internazionale delle vittime delle sparizioni forzate (desaparecidos).

Due date apparentemente distanti ma legate dallo stesso valore che mirano a ricordare, a sensibilizzare tra i consociati e quindi a difendere la libertà.

Quella libertà spesso negata calpesta, soffocata con condotte criminali quali appunto le sparizioni forzate.

Ma in cosa consiste questo fenomeno?

Secondo la Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, proclamata dall’Assemblea Generale nella risoluzione 47/133 del 18 dicembre 1992 come un insieme di principi per tutti gli Stati, si verifica una sparizione forzata quando:

“degli individui vengono arrestati, detenuti o rapiti contro la loro volontà o altrimenti privati della loro libertà, per mano di funzionari di diverso livello di un Governo, o da gruppi organizzati o individui privati che agisce per conto di quest’ultimo, o con il sostegno, diretto o indiretto, del Governo in questione, seguite da un rifiuto di rivelare il destino o il luogo in cui si trovano le persone in questione o da un rifiuto di riconoscere la privazione della loro libertà, il che colloca tali persone al di fuori della protezione della legge.”

Una violenza animalesca il cui epilogo degenera anche in vite spezzate, perché troppo scomode o semplicemente senza padroni.

Come successo agli almeno 217 operatori dei media, scomparsi in circostanze simili negli ultimi 24 anni.

Questo secondo quanto emerso da un’analisi specifica pubblicata su Statista.

Dati allarmanti

Secondo il database di Reporter Senza Frontiere (RSF), queste sparizioni comprendono sia le vittime di sparizioni forzate da parte dello Stato sia quelle ad opera di gruppi non statali.

Il Paese con il maggior numero di operatori dei media scomparsi in questo periodo è il Messico che registra un totale di 37 casi, di cui 31 ancora classificati come “casi in corso”.

152, è questo il numero di giornalisti uccisi in Messico tra il 2000 e il 2024, inclusi tre nel 2024, secondo quanto emerso da RSF.

Il secondo posto, invece, spetta alla Siria con 35 casi di giornalisti scomparsi a livello globale tra il 2000 e il 2024. La maggior parte di queste sparizioni (26) è avvenuta tra il 2011 e il 2014, con cinque casi registrati fino al 2019.

Dal 2011, secondo le stime della Rete siriana per i diritti umani, in Siria sono almeno 65.000 le persone vittime di sparizioni forzate.

“La Cina ha inventato le ‘vacanze forzate’, la Siria ha sviluppato le sparizioni di massa e l’Africa ha copiato il Sud America, che tristemente ha fatto da apripista alle sparizioni forzate.”

È così che il segretario generale di RSF Christophe Deloire ha commentato il fenomeno globale delle sparizioni forzate.

“Anziché diminuire, questa pratica barbarica si sta diversificando, diffondendosi in tutto il mondo e facendo sempre più vittime tra giornalisti e blogger ogni anno. Deploriamo l’impunità di cui godono solitamente gli autori di questi crimini e la mancanza di impegno da parte dei governi democratici per porre fine a questa situazione”, ha dichiarato.

Contrasto al fenomeno

Una barbarie che tende sì a non arrestarsi ma che ha visto dei piccoli passi per porvi fine.

Come successo lo scorso agosto, quando Muhammad Yunus, consigliere capo del governo ad interim del Bangladesh, ha firmato la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate.

“La firma della Convenzione internazionale sulle sparizioni forzate rappresenta un primo passo fondamentale nel lungo percorso verso la verità, la giustizia e la riparazione per le vittime e le loro famiglie in Bangladesh. Le sparizioni forzate sono tra le violazioni dei diritti umani più crudeli e disumanizzanti e hanno devastato numerose famiglie nel paese”.

È così che la direttrice di Amnesty International per l’Asia meridionale, Smriti Singh ha commentato questa occasione storica.

“Il governo ad interim dovrà impegnarsi attivamente per l’attuazione completa della Convenzione, ratificandola e promulgando una forte legislazione a livello nazionale, che riconosca la natura continuativa del crimine e consideri anche gli episodi di sparizione forzata avvenuti prima dell’entrata in vigore della legge di ratifica. Inoltre, dovrà consentire al Comitato delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate di ‘ricevere ed esaminare comunicazioni’ per conto delle vittime, come previsto dall’articolo 31 della Convenzione”

Una vicenda che, considerando i dati allarmanti concernenti le sparizioni forzate, rappresenta uno spiraglio di speranza nella lotta contro le stesse.

Infatti, tra il 2009 e giugno 2024 si parla almeno di 708 casi di sparizioni forzate.

Questo è quanto emerso dalla ong bangladese Odhikar.

Dopo le dimissioni dell’ex prima ministra Sheikh Hasina all’inizio di agosto, almeno tre persone che erano state fatte sparire sono state scarcerate da prigioni segrete nel paese: Michael Chakma, Abdullahil Aman Azmi e Ahmad Bin Quasem.

Il 29 agosto, con l’annuncio del nuovo governo ad interim sulla creazione di una commissione d’inchiesta composta da cinque membri e incaricata di indagare sulle sparizioni forzate segnalate tra gennaio 2010 e agosto 2024, si è aperto uno spiraglio nella lotta contro questo scempio di civiltà.

Piccoli passi con la speranza che daranno vita a quanto dichiarato da Nelson Mandela, un uomo che ha scritto la storia battendosi per il valore inestimabile della libertà:

“Essere liberi non significa solo sbarazzarsi delle proprie catene, ma vivere in un modo che rispetta e valorizza la libertà degli altri.”

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