La Tunisia piomba nel caos tra autoritarismo e crisi economica, l’Ue e l’Italia corrono ai ripari sui migranti

Ago 02 2023
Vincenzo Battaglia
Bruxelles e Roma hanno chiuso un accordo con Tunisi per bloccare gli sbarchi, ma il Paese è sull’orlo di una guerra civile.

Da sempre il Nordafrica è un’area cruciale per la politica estera italiana. Roma guarda al Maghreb per motivi commerciali e di sicurezza nazionale, per cui il dialogo con questi Paesi è imprescindibile. L’Italia negli ultimi anni si è concentrata sull’Egitto, per via di questioni relative ai diritti umani, sull’Algeria, da cui dipendono buona parte delle forniture di gas, e soprattutto sulla Libia, a causa della balcanizzazione interna che ha stravolto Tripoli dalla caduta di Gheddafi. Il Governo italiano adesso deve puntare gli occhi sulla Tunisia, uno dei Paesi in teoria più stabili dell’area che si trova sull’orlo del precipizio.

Fonte: Wikipedia
Fonte: Wikipedia

In seguito alle rivolte del 2011, con la caduta del regime di Ben Alì, Tunisi ha saputo costruire una delle poche democrazie del mondo arabo, non a caso era anche uno dei Paesi più avanzati sul piano dei diritti civili. Al tempo stesso il partito islamista Ennhada, appartenente alla galassia dei Fratelli Musulmani, si è affermato come una delle principali forze politiche tunisine. Una svolta importante per la Tunisia è arrivata con le elezioni presidenziali del 2019 che hanno visto trionfare Kais Saied, professore di diritto con posizioni molto conservatrici, seppur lontane da quelle di Ennhada, sovraniste e populiste. Nel 2021 Saied ha di fatto congelato la democrazia tunisina, prima sospendendo il parlamento e attribuendosi il potere di revocare i ministri e poi varando un nuovo assetto costituzionale sbilanciato sulla figura del presidente. Un’autentica svolta autoritaria, passata in secondo piano a livello mediatico anche a causa del contesto internazionale focalizzato sulla pandemia. Lo scorso aprile la situazione è precipitata quando è stato arrestato e condannato a un anno di carcere Rached Ghannouchi, leader di Ennhada e principale capo dell’opposizione nel Paese. Con lui fuori gioco non solo è calato del tutto il sipario sulla democrazia in Tunisia ma il rischio è che il Paese scivoli verso una guerra civile, dovuta anche alla crisi economica e finanziaria galoppante.

Il Paese è vicino al default, la situazione è simile a quella del Libano e le condizioni di vita della popolazione ne risentono inevitabilmente. Il Fondo Monetario Internazionale si è fatto avanti con un prestito da 1.7 miliardi di euro, soldi vincolati ad alcune riforme strutturali. Saied, nella sua logica sovranista, all’inizio ha rifiutato di trattare il prestito per salvaguardare l’indipendenza della Tunisia, anche se probabilmente è stata solo una tattica per provare a strappare clausole migliori. La trattativa adesso è ripartita, anche perché nel frattempo Saied è riuscito a concludere un altro accordo, con l’Unione Europea.

La preoccupazione dei Paesi occidentali, Italia in testa, è legata al fenomeno migratorio. Tra gli sbarchi totali sul suolo italiano quelli a Lampedusa sono cresciuti del 17%. Questo significa che sono in aumento le partenze da Sfax, città costiera tunisina, vicina proprio all’isola italiana. Un cambiamento importante che segna il sorpasso della Tunisia sulla Libia come punto di sbocco delle rotte migratorie. Dopotutto, gli sbarchi da Tripoli sono calati considerevolmente dagli accordi con il Governo Italiano del 2017. Ursula Von der Leyen e Giorgia Meloni hanno deciso di risolvere i problemi ai ripari sul fronte tunisino stringendo con Saied proprio un patto simile a quello in vigore con Tripoli (e con Ankara), ovvero soldi in cambio di blocco delle partenze. Nel dettaglio, l’Ue ha elargito 105 milioni a fondo perduto, che si aggiungono ad altri 150 milioni di aiuti e a 900 milioni di presti nell’ambito di un memorandum più ampio.

Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, insieme a Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, e Mark Rutte, Primo Ministro del Regno dei Paesi Bassi, incontra il Presidente della Repubblica Tunisina, Kais Saied. (Fonte: Palazzo Chigi)
Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, insieme a Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, e Mark Rutte, Primo Ministro del Regno dei Paesi Bassi, incontra il Presidente della Repubblica Tunisina, Kais Saied. (Fonte: Palazzo Chigi)

Si ripete quindi lo stesso scenario di sei anni fa: se con questo accordo vedremo diminuire più o meno sensibilmente gli sbarchi, le violazioni dei diritti umani cresceranno in proporzione. Il Libia ci sono dei veri e propri lager, in Tunisia invece Saied ha scelto la strada della deportazione. Secondo alcune testimonianze, nelle scorse settimane circa settecento migranti provenienti dall’Africa subsahariana sarebbero stati trasferiti con la forza dalle autorità tunisine nell’area sud-orientale del Paese, ovvero nel deserto. Uomini, donne e bambini abbandonati in mezzo al nulla, sotto il sole, senza né cibo e né acqua, a chilometri e chilometri di distanza dalla città. Per Saied questi migranti sarebbero parte di un complotto per la sostituzione etnica in Tunisia, un discorso analogo a quelli dell’estrema destra europea. Adesso che è legittimato dall’accordo con l’Ue e con l’Italia, il presidente tunisino potrà ricorrere sistematicamente a questi metodi. Nel silenzio dei media occidentali.

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