Oltre il 40% del gas, il 27% del petrolio e il 46% del carbone utilizzati in Europa provengono dalla Russia, e la crisi energetica dovuta all’invasione russa dell’Ucraina ha reso ancora più urgente la necessità per l’UE di svincolarsi immediatamente da questa dipendenza energetica utilizzata come arma economica e politica.
La Commissione Europea con il piano REPower EU, presentato il 18 maggio 2022, ha mosso un importante passo verso un aumento dell’indipendenza energetica dell’Europa rispetto alla Russia, accelerando quel processo di transizione verso l’energia pulita, già previsto dal quadro 2030 per il clima.
Come riportato dalla stessa Commissione, l’Ue importa il 90% del gas, il 97% del petrolio e il 70% del carbone che utilizza. Di questi, oltre il 40% del gas, il 27% del petrolio e il 46% del carbone provengono dalla Russia, e la crisi energetica dovuta all’invasione russa dell’Ucraina ha reso ancora più urgente la necessità per la maggior parte dei paesi europei di svincolarsi immediatamente da questa dipendenza energetica utilizzata come arma economica e politica.
La Commissione europea, guidata da Ursula Von Der Leyen, mirava già da tempo ad affrontare i problemi posti dal cambiamento climatico attraverso le politiche di transizione energetica previste dall’European Green Deal, tra cui ritroviamo il quadro 2030 per il clima (che si pone tra gli obiettivi una riduzione delle emissioni di gas serra e un aumento d’indipendenza energetica) e la 2050 long-term strategy (con cui l’UE ambisce a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050).
Alla luce del nuovo contesto geopolitico, l’urgenza di porre fine alla dipendenza energetica dalla Russia è diventata ancor sentita ed evidente, pertanto è stato presentato a maggio il piano REPowerEU: uno strumento per accelerare, nei tempi, obiettivi il cui raggiungimento era prima previsto entro il 2030. Il piano, però, non ambisce solo a rompere la dipendenza dell’UE da fornitori inaffidabili, RePower EU mira anche a riconfigurare il ruolo dell’UE nel mondo, a partire dal settore energetico e delle materie prime. I punti fondamentali del piano sono: il risparmio energetico, la produzione di energia pulita, la diversificazione dell’approvvigionamento energetico europeo.
Produrre l’energia pulita
Le rinnovabili, e in particolare l’energia fotovoltaica, potendo essere generate internamente, risultano di cruciale importanza per raggiungere l’autosufficienza energetica. Per questo tra i principali obiettivi del piano troviamo un’espansione massiccia delle rinnovabili, un’elettrificazione più rapida e l’abbandono del calore e dei combustibili di origine fossile nell’edilizia, nei trasporti e nell’industria.
In particolare, nell’industria si potrebbe arrivare al risparmio di 35 miliardi di metri cubi di gas naturale entro il 2030, sostituendo nei processi industriali energia pulita al carbone, al petrolio e al gas. La Commissione con il REPowerEU propone di incrementare l’obiettivo 2030 dell’UE per le rinnovabili dall’attuale 40% al 45%.
Sensibilizzare sul risparmio energetico
Il risparmio energetico e una riduzione nella domanda di energia sono misure in grado di contribuire alla sicurezza energetica europea. Nel breve termine anche famiglie e industrie possono contribuire al taglio della domanda seguendo le indicazioni sui comportamenti da seguire comunicate dalla Commissione.
Diversificare
Uno strumento chiave per mettere fine alla dipendenza dell’UE dalla Russia sarà la EU Energy Platform: un meccanismo volontario istituito il 7 aprile 2022 alla luce del nuovo contesto geopolitico e finalizzato a coordinare l’acquisto congiunto di gas e idrogeno da parte dei paesi membri dell’UE, per evitare una concorrenza interna ed evitare in questo modo rallentamenti nel processo di diversificazione
Finanziare il piano
Si calcola che per eliminare gradualmente le importazioni fossili dalla Russia siano necessari investimenti pari a 210 miliari di euro entro il 2027, che vadano a sommarsi agli attuali 100 miliardi di euro dei contribuenti europei.
Dunque, per finanziare ed attuare il piano risulta necessario attingere in primo luogo al dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF), oltre che ad altre fonti di finanziamento tra cui il Fondo per l’innovazione, la Banca europea per gli investimenti, ma anche investimenti privati. Inoltre, gli stati membri dovranno aggiungere ai propri piani di ripresa e resilienza un capitolo dedicato al REPowerEU in modo da orientare gli investimenti verso i punti cardine previsti dal piano.
Il problema nel raggiungimento degli obiettivi, dunque, risulta essere proprio il suo finanziamento in quanto la Commissione controlla direttamente solo il 10% degli investimenti necessari. Le altre fonti di finanziamento dipendono dalla volontà degli Stati membri di utilizzare i fondi a loro provenienti da politiche dell’UE (tra cui i prestiti ancora non richiesti della RRF e i fondi per la coesione e lo sviluppo rurale).
Inoltre, vengono mosse all’UE due importanti critiche riguardanti il piano: la prima è di non star abbandonando il vecchio modello estrattivista, ma di aver cambiato semplicemente la tipologia di materie prime da estrarre e i paesi fornitori con cui concludere accordi.
La seconda è il rilancio dell’idrogeno prodotto da fonti non fossili che fa esplicito riferimento alla produzione di idrogeno anche da nucleare, andando ad alimentare il dibattito in materia.