Dopo innumerevoli giri di valzer le autorità tedesche sarebbero pronte a firmare un contratto con Lockheed-Martin per l’acquisto di almeno 35 F 35A Lightning II.
Nei prossimi giorni potrebbe essere messa definitivamente la parola fine al travagliato processo di sostituzione della linea Tornado con l’acquisto di un primo lotto di 35 esemplari di Lockheed-Martin F 35A che, secondo le affermazioni del Cancelliere Scholz, sarà affiancato da 15 nuovi esemplari di Typhoon, una mossa quest’ultima, politicamente necessaria nei confronti delle aziende nazionali e dell’opinione pubblica tedesca.
Il Generale di Squadra Aerea (R) dell’Aeronautica Militare, Maurizio Lodovisi, membro del comitato scientifico di Laran, ha affermato: “Per gli esperti di settore, e per i più attenti osservatori, questa non è certamente una notizia sconvolgente, era certo ed assodato sin dall’inizio del programma, in cui la Germania con una decisione in controtendenza rispetto a quasi tutte le Nazioni occidentali e non solo, che sarebbe arrivato inesorabilmente il momento della conferma di decisioni operative ed industriali fortemente “isolazionistiche”. Rimanere ancorati alle sole tecnologie e capacità operative di assetti di 4 o al massimo 4+ generazione, in uno scenario geopolitico sempre più complesso, mutevole ed estremamente “unpredictable”, era chiaramente un lusso che una Nazione dalle capacità e dalle ambizioni “egemoniche” quali quelle della Germania, non si poteva permettere. La strenua difesa di scelte politico/industriali a tutela di un prodotto aeronautico europeo certamente di assoluta valenza, quale il EF2000, ma oramai superato dalle nuove ed emergenti tecnologie, non avrebbe retto alle sfide del futuro. Tutto ciò recentemente aggravato dalla Brexit, che ha ulteriormente sbilanciato verso la sponda transatlantica una traballante industria aerospaziale europea, “monca” da sempre della rilevante capacità francese ed erosa da decisioni “transatlantiche” quali quelle dell’Italia e dei paesi nordici della NATO. Di fatto la totale assenza di una unitaria politica industriale europea, ha portato alla scelta suicida di sviluppare e produrre contemporaneamente tre velivoli da superiorità aerea tra loro concorrenziali, che di fatto hanno eroso le capacità finanziarie globali senza un reale accrescimento della competitività e delle competenze tecnologiche.”
Excursus storico sul programma
Lo sviluppo del F 35 (X 35) iniziò nel 1995 nell’ambito del programma Joint Strike Fighter avente come finalità lo sviluppo di una piattaforma comune con cui dotare le forze armate statunitensi e sostituire i principali vettori all’epoca in servizio (F 16 Fighting Falcon, F 117A Nighthawk, A 10 Thunderbolt II, F/A 18 Legacy Hornet e AV 8B Harrier II).
Lodovisi ha spiegato: “Gli USA per la prima volta nel dopoguerra si accingevano ad infrangere parecchi tabù operativi ma soprattutto culturali decidendo di perseguire una scelta per molti aspetti “rivoluzionaria” quella cioè di dotare tutte le loro Forze Armate di un’unica piattaforma aerea di “superiorità operativa” così detta di 5° generazione. Non è stato facile “imporre” soluzioni tecnico/costruttive ritenute storicamente inaccettabili, come quella di rinunciare da parte dell’USAF ad una capacità “bisonica” e per la NAVY quella di orientarsi per una soluzione “monomotore” ritenuta incompatibile con i correnti parametri di Sicurezza Volo. Queste iniziali forzature hanno creato numerose controversie operative, politiche e industriali che almeno nella prima fase del programma hanno creato diverse problematiche, e che nelle varie fasi dello sviluppo hanno messo a dura prova il programma creando parecchio disturbo e incomprensioni anche nei partner internazionali.”
La partecipazione internazionale è stato un aspetto fondamentale del programma JSF, a partire dall’adesione quasi immediata del Regno Unito al programma per lo sviluppo della versione a decollo verticale (ASTOVL), cui si aggiunsero molti altri partner internazionali che necessitavano di modernizzare le loro forze aeree ed erano quindi interessate al programma JSF. Il Regno Unito, come già detto, è entrato a far parte del programma come membro fondatore nel 1995, diventando così l’unico partner di livello 1; Italia, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia, Canada, Australia e Turchia hanno aderito successivamente durante la Concept Demonstration Phase (CDP), con l’Italia e i Paesi Bassi come partner di livello 2 e tutti gli altri di livello 3.
I livelli generalmente riflettono l’impegno finanziario al programma, l’importo del trasferimento tecnologico e dei subappalti aperti alle offerte da parte delle società nazionali e l’ordine in cui i paesi hanno potuto ottenere aeromobili di produzione. Il Regno Unito ha versato un contributo di 2,5 miliardi di dollari, pari a circa il 10% dei costi di sviluppo pianificati nell’ambito del Memorandum d’intesa del 1995 che lo ha coinvolto nel progetto, i partner di livello 2 (Italia e Paesi Bassi) hanno contribuito rispettivamente con 1 miliardo di dollari e 800 milioni di dollari ciascuno, mentre i partner di livello 3; Turchia, 195 milioni di dollari; Canada 160 milioni di dollari; Australia, 144 milioni di dollari; Norvegia, 122 milioni di dollari e Danimarca, 110 milioni di dollari, a cui vanno aggiunti Israele e Singapore che si sono uniti come cosiddetti partecipanti alla cooperazione alla sicurezza (SCP).
Il Generale Lodovisi ha poi aggiunto: “La scelta dell’Italia, di entrare a far parte da subito del programma con ingenti investimenti, è stata estremamente difficile ed osteggiata inizialmente a tutti i livelli politico, militare ed industriale. Solo la “ineluttabile” esigenza della Marina Militare di sostituire la componente aeronavale basata sugli oramai obsoleti AV8B “Harrier” e la determinata volontà dell’Aeronautica Militare di dotarsi di sistemi aerei capaci di affrontare le sfide del futuro hanno “forzato” una scelta da pochi ritenuta auspicabile. La determinata opposizione dell’industria nazionale che vedeva nei programmi europei una sicura e tranquilla fonte di finanziamento regolata secondo il consolidato principio del “work-cost sharing”, ha inizialmente creato un atteggiamento generalizzato molto ostile al programma, che per molti aspetti continua ad esserci. Solo i recenti e traumatici eventi internazionali sembrano riportare un po’ di ragionevolezza e razionalità in una questione che dovrebbe contemplare solo aspetti operativi e di ottimizzazione delle spese militari.”
Gli Stati Uniti sono il principale utilizzatore ed unica nazione ad essere in possesso di tutte e tre le versioni con un ordine complessivo di 2469 macchine nelle tre componenti aeree (1763 F 35A USAF, 353 F 35B e 80 F 35C USMC, 273 F 35C USN), seguiti nel 2005 dal Regno Unito con una prospettiva di acquisto di 150 F 35B sotto il governo Blair successivamente ridotti l’anno successivo a 138 (90 RAF e 48 RN). Il Regno Unito ha una flotta monotipo di F 35B anche se venne valutata la possibilità di acquisto delle altre due versioni, in particolare il modello imbarcato F 35C da utilizzare sulle due nuove portaerei della classe Queen Elizabeth scelta poi bocciata a causa degli eccessivi costi di modifica che avrebbero dovuto subire le navi per poter ospitare le catapulte e cavi d’arresto. L’Italia, terzo grande partner del progetto, nel 2008 aveva piazzato un ordine per 131 velivoli da destinare ad Aeronautica e Marina ridotti poi nel 2012 a 90 esemplari (60 F 35A e 15 F 35B AM e 15 F 35B MM) a causa della crisi economica, però, in virtù del grande contributo Roma ottenne la Final Assembly and Check Out/Maintenance, Repair, Overhaul & Upgrade (FACO/MRO&U), impianto dove vengono attualmente assemblati e revisionati gli esemplari destinati all’Aeronautica Militare, Marina Militare e alla Royal Nederland Air Force.
Lodovisi ha affermato: “La scelta esclusivamente politica, di ridurre unilateralmente il numero dei velivoli per l’Italia, è una di quelle “particolarità” tutta italiana del programma difficilmente comprensibile, anzi lo è se si considera che è stata effettuata solo per “convenienza” politica. I programmi europei, tipo EF2000 e PA200, impegnavano i partecipanti a clausole contrattuali stringenti generalmente con divisione in lotti, e su questi accordi contrattuali venivano decise le quote di partecipazione, i relativi oneri ed i conseguenti ritorni industriali. In questo modo si abbassavano “artificialmente” i costi dei primi velivoli in quanto gli ingentissimi investimenti dello sviluppo potevano essere spalmati su un numero certo di velivoli commissionati con stringenti impegni contrattuali. Nei programmi USA e pertanto anche per il JSF, gli impegni di acquisto erano esclusivamente annuali in cui i costi di sviluppo venivano ripartiti esclusivamente sulle acquisizioni dell’anno in corso, facendo apparire elevatissimi i costi per singolo velivolo. Ridurre in anticipo e senza una particolare richiesta da parte degli USA il numero finale dei velivoli programmati per l’Italia ha di fatto o parzialmente “distrutto” il programma di ritorni industriali pazientemente costruito.”
I Paesi Bassi attualmente hanno ordinato 46 F 35A, destinati ad aumentare, per sostituire i suoi F 16AM. L’Olanda, infatti, assieme a Norvegia, Danimarca e Belgio condividono la storia comune iniziata col F 104 Starfighter e come partner degli Stati Uniti per il Fighting Falcon arrivando oggi al Lightning II. Cambiando lato del globo ci focalizziamo sull’Australia con la necessità di sostituire gli F/A 18A e F 111C e alla luce delle sfide cinesi nella regione venne valutata anche la possibilità di acquistare un certo numero di esemplari di F 35B da impiegare sulla portaeromobili Canberra, scelta poi esclusa per ragioni di costo.
La scelta di adottare, oltre alla versione convenzionale, anche la versione navale a decollo verticale è stata accolta con favore da Giappone e Corea del Sud accettando di sostenere i costi di modifica per la classe Izumo il primo e sviluppando un’unità dedicata (LPX-II) il secondo. Il Giappone ad oggi è il secondo maggior utilizzatore del F 35 con 147 esemplari (105 F 35A e 42 F 35B) tutti in forza alla Japan Air Self-Defense Force. Infine dei partner del programma solo Canada e Turchia non hanno ottenuto il Lightning II, il primo per scelte politiche anche se, come vedremo successivamente, è finalista nel concorso per il nuovo aereo della RCAF, mentre la Turchia, a seguito dell’acquisto del sistema missilistico russo S 400 è stata bannata dal progetto con conseguente annullamento degli ordini. Recenti rumors, senza fondamento, parlano di una trattativa tra Washington ed Ankara secondo cui se i Triumf venissero girati all’Ucraina, gli Stati Uniti offrirebbero in cambio sistemi Patriot e F 35A.
Il Programma F 35 coinvolge attualmente 18 forze aeree di 14 nazioni, 13 delle quali hanno già ottenuto la IOC. Una di queste, Israele, ha testato il velivolo in combattimento a partire dal 2018 facendogli ottenere, tre anni più tardi, la prima vittoria aerea ai danni di due droni Gaza iraniani. Tra le ultime nazioni aderenti in ordine temporale: la Polonia con la firma il 31 gennaio 2020 di un contratto per 32 F 35A con i primi esemplari in arrivo dal 2024, seguita dal Belgio con un ordine per 34 F 35A con consegne a partire dal 2023 e infine la Finlandia dove l’aereo Lockheed-Martin è risultato vincitore del HX Programme con un contratto per 64 F 35A firmato il 10 dicembre 2021 con atterraggio del primo esemplare della Ilmavoimat previsto nel 2026.
Oltre alla Germania, l’F 35 è oggetto di interesse in svariate nazioni, in primis in Svizzera dove l’ordine per 36 esemplari di F 35A è in attesa dell’approvazione del Parlamento e in Canada (nonostante l’uscita dal programma voluta da Trudeau nel 2015) dove è finalista contro il Saab JAS 39E per sostituire gli esausti CF 18. Sempre nel continente europeo in seno alla NATO: Repubblica Ceca, Grecia, Portogallo stanno valutando l’acquisto nel lungo periodo (primi esemplari nel 2027/2029) per le loro aeronautiche, mentre l’Armada Espanola ha una necessità più impellente di sostituire i propri AV 8B operanti dalla portaeromobili Juan Carlos I e secondo quanto affermato da Lockheed-Martin avrebbero avviato timide trattative per il modello a decollo verticale F 35B.
Il Generale, membro del nostro comitato scientifico, ha riferito: “Con il senno di poi risulta evidente che la scelta italiana di aderire fra le prima Nazioni al programma è stata una scelta vincente ed operativamente molto azzeccata. Ha permesso alle Forze Armate italiane di entrare e confrontarsi con le emergenti tecnologie e con i futuri concetti operativi, predisponendosi ad affrontare un futuro complesso e colmo di nuove sfide. Questa capacità è stata ampiamente dimostrata dagli strabilianti e per molti inaspettati risultati ottenuti dalla FACO, dal raggiungimento di straordinari risultati e capacità operative, coronate anche dalla prima trasvolata oceanica di un esemplare per di più costruito in Italia. Ora l’Italia nello scenario dell’impiego dei velivoli di futura generazione rappresenta un punto di riferimento, che dovrà essere mantenuto e possibilmente consolidato anche per il futuro.”
Costi e caratteristiche di un velivolo di 5° Generazione
L’F 35 è ad oggi l’unico aereo occidentale di 5° Generazione presente sul mercato, si tratta di un aereo rivoluzionario progettato fin dal principio per integrare una vasta gamma di tecnologie in un’unica piattaforma. Tra queste innovazioni rientrano: lo essere stealth, radar a bassa probabilità di intercettazione (LPIR), funzionalità avioniche avanzate e sistemi informatici altamente integrati in grado di connettersi in rete con altri elementi all’interno dello spazio di battaglia per la consapevolezza della situazione e C3 (comando, controllo e comunicazioni).
L’F-35 presenta una suite molto avanzata che annovera; radar AESA (Active Electronically Scanned Array), DAS (Distributed Aperture System), EOTS (Electro Optical Targeting System) e capacità avanzate di guerra elettronica per localizzare/tracciare forze nemiche, bloccare i radar (Jamming) mantenendo al tempo stesso buone capacità offensive trasportando varie configurazioni di sistemi d’arma internamente in configurazione invisibile o esternamente in ambienti permissivi. Tutte le varianti dell’F-35 possono trasportare missili da crociera AGM-158 JASSM o AGM-158C LRASM in grado di colpire obiettivi strategici pesantemente protetti ad una distanza tale da permettere al vettore mantenersi al di fuori del raggio dei sistemi antiaerei avversari. Oltre a questa superiorità tecnologica che lo rendono senza eguali in campo occidentale è fortemente concorrenziale anche dal punto di vista economico rispetto agli aerei della generazione precedente infatti, sostenuti gli importanti costi dei primi esemplari dei primi sei lotti, dal Low Rate Initial Production (LRIP) 7 del settembre 2013 il prezzo di un F 35A è sceso sotto i 100 milioni a esemplare (senza motore), arrivando al LRIP-14 dell’ottobre 2019 con lo stesso modello a 77.9 milioni a esemplare (motore incluso). Il prezzo a singolo esemplare è destinato a diminuire ulteriormente arrivando probabilmente a poco più di 70 milioni con il primo Full Rate Production.
Le peculiarità del F 35, unite al basso costo, rendono questo velivolo una scelta ovvia se non obbligata per le principali forze aeree della NATO, tenuto conto che un qualsiasi aereo di 4°+ Generazione, per quanto possa avere ancora margini di upgrade, risulta più oneroso e meno avanzato sotto alcuni punti. Analizzando i vari concorrenti del Lightning II solo due modelli risultano inferiori di prezzo (comprendente solo la macchina senza servizi accessori) ovvero il Lockheed-Martin F 16V ed il Boeing F/A 18E Block III Super Hornet (nell’ordine dei 60 milioni) mentre tutti gli altri superano i 78 milioni a partire dal Saab JAS 39E e Boeing F 15EX Strike Eagle per i qualisi stima una forbice tra 85 e 90 milioni, mentre per il Dassault Rafale F-3R ed Eurofighter Typhoon Tranche 4 si dovrebbe andare oltre i 100 milioni. Queste cifre sono una stima e servono soltanto come metro di paragone per far comprendere dove posizionare il Lightning II rispetto alla concorrenza, naturalmente in ogni singola commessa entrano in gioco un ampio numero di variabili secondo le volontà del committente che vanno ad influire più o meno pesantemente sui numeri finali. Le cifre più alte, in particolare Rafale e Typhoon, sono dovute in parte a causa del limitato numero di esemplari prodotti facendo pesare notevolmente i costi di sviluppo.
Lodovisi ha poi spiegato come: “Continuare a dibattere sulle caratteristiche e sulle capacità operative degli assetti di 5° o futura generazione è oramai pleonastico ed anacronistico, la storia dimostra come il continuo avanzare delle tecnologie porta allo sviluppo di nuovi sistemi d’arma che possono orientare e determinare lo sviluppo delle prossime crisi internazionali. Importante però è comprendere che non esiste un modello “perfetto” o assolutamente migliore di altri, ma esistono scelte ottimali valide in un determinato periodo storico ed in una determinata situazione geopolitica. La scelta effettuata da molte Nazioni fra cui l’Italia, di aderire al programma JSF è stata la naturale conseguenza di una scelta “suicida” delle industrie aeronautiche europee che hanno deciso di sviluppare tre programmi competitivi, accettando una suddivisione del lavoro che salvaguardava più i profitti che non le prestazioni e la competitività. Chiaramente una scelta quasi esclusivamente transatlantica apre diversi interrogativi in merito alla validità dei futuri rapporti fra le alleanze e ad una vera capacità delle nazioni europee di raggiungere una autonomia credibile e sostenibile.”
La scelta tedesca
L’opzione Lightning II è stata storicamente fortemente osteggiata dalla politica tedesca, ricordiamo i pubblici rimproveri fatti dal ministro della difesa Von Der Leyen al Capo di Stato Maggiore della Luftwaffe Lt. Gen. Muellner, che lo hanno portato alle dimissioni, per i pareri favorevoli di quest’ultimo al caccia di quinta generazione statunitense. I tentativi per trovare un degno sostituto ai venerabili Tornado furono molteplici a partire da ordinare ulteriori Typhoon (valutando già allora lo sviluppo di una apposita versione ECR) con i quali avere una forza aerea monotipo ottimizzando le spese logistiche e di gestione, seguito, sotto la gestione Kramp-Karrenbauer, dal tentativo di acquisire 30 Boeing F/A 18E/F Super Hornet e 15 Boeing EA 18G Growler dotandosi in questo modo oltre che di una piattaforma multiruolo anche di una specifica per missioni di guerra elettronica e soppressione delle difese avversarie. Si tratta di ottimi aerei di quarta generazione avanzata (4+), ma la scelta di una di queste piattaforme a differenza del F 35A avrebbe comportato una perdita strategica fondamentale che la Germania non si sarebbe mai potuta permettere ovvero di non poter utilizzare le bombe nucleari tattiche B61-12, presenti nella base aerea di Büchel, a seguito della radiazione del Tornado.
L’attuale ministro della difesa Lambrecht, considerate tutte le nazioni alleate e partner che hanno deciso di dotarsi, anche recentemente, del F 35, ha affermato: “[L’F 35 è] un potenziale unico per cooperare con i nostri alleati e partner della NATO in Europa”, seguita dal Capo di Stato Maggiore Gen. Gerhartz secondo il quale la scelta del F 35 da impiegare nei ruoli di superiorità aerea e nucleare strike in coppia con i Typhoon per le missioni di guerra elettronica, attacco al suolo e scorta permetterà alla Luftwaffe di affrontare al meglio le sfide del futuro. Per quanto inizialmente evitato il Lightning II “è l’unico caccia di quinta generazione disponibile oggi per rafforzare la capacità operativa della Germania con gli alleati”, senza però mettere in discussione gli impegni già presi e riguardanti l’aereo di 6° Generazione Future Combat Air System in corso di sviluppo con Francia e Spagna.
Infine il Generale Lodovisi ha commentato la volontà di Berlino di aderire al programma: “La scelta tedesca di aderire al programma, sicuramente non lungimirante e tardiva, era annunciata ed inevitabile, per allineare le capacità operative delle Forze Armate tedesche a quelle dei partner europei e transatlantici. Questo pone fine ad una lunga “querelle” in ambito europeo dove troppo spesso si sono contrapposti anche ideologicamente aspetti politici, militari ed industriali. La vera domanda è: sarà l’Europa capace di accantonare interessi nazionali di parte per affrontare in modo unitario le sfide del futuro, in modo paritario e non subordinato allo storico partner transatlantico? Questa è l’impegnativa e non scontata risposta su cui sarà chiamato a rispondere il programma Tempest.”