Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche, assieme ai colleghi dell’Università di Bari, ha studiato il problema della stabilità chimica nel tempo degli inchiostri a base di perovskite, un minerale caratterizzato da un’elevata efficienza di conversione della luce solare in energia elettrica, fornendo indicazioni per ulteriori verifiche in materia.
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-Nanotec) di Lecce e Bari ha affrontato il problema della stabilità chimica nel tempo degli inchiostri a base di perovskite, tra i materiali alternativi al silicio più promettenti nello sviluppo di materiali per il fotovoltaico emergente. I risultati dello studio, condotto in collaborazione con i colleghi dell’Università di Bari, sono stati pubblicati in una Perspective sulla rivista scientifica «Chem».
Silvia Colella di CNR-Nanotec ha spiegato: “Per sopperire al crescente consumo di energia e soddisfare i requisiti dell’accordo di Glasgow 2021, la produzione da fonti rinnovabili dovrà crescere in maniera significativa nei prossimi anni. In questo scenario, lo sfruttamento del Sole quale fonte di energia prima più abbondante avrà un ruolo centrale nella transizione energetica. Sono quindi in corso di sviluppo soluzioni alternative o complementari all’attuale tecnologia al silicio, che siano più efficienti e integrabili nell’ambiente urbano.”
La perovskite di alogenuro metallico nuova frontiera del fotovoltaico
In questo contesto si inserisce il lavoro dei ricercatori, da sempre coinvolti nel settore del fotovoltaico emergente. Colella ha continuato: “Le perovskiti di alogenuro metallico sono tra i materiali più promettenti e in pochi anni hanno rivoluzionato questo settore, raggiungendo efficienze di conversione della luce solare in energia elettrica maggiori del 25% per dispositivi in scala di laboratorio, superando quelle del silicio policristallino. Uno dei principali vantaggi di questi materiali è la possibilità di essere depositati partendo da speciali vernici liquide, che possono essere stampate con tecniche ampiamente diffuse su superfici di vario tipo, ad esempio flessibili e trasparenti.”
La necessità dell’analisi condotta emerge da una serie di scoperte avvenute negli ultimi due anni, tra cui uno studio degli stessi ricercatori pubblicato su Cell Reports Physical Science (2021, 2 (5), 100432), che evidenzia l’instabilità chimica nel tempo di tali inchiostri in determinate condizioni. “Per queste criticità, lo studio pubblicato su «Chem» rappresenta una tappa fondamentale per l’effettivo superamento delle problematiche relative alla scarsa stabilità di questi materiali, offrendo una prospettiva sulle possibili soluzioni da applicare per uno sviluppo industriale della tecnologia”, ha concluso la ricercatrice del CNR-Nanotec.