I paesi dell’Alleanza Atlantica che si affacciano sulla regione polare o vi hanno interessi, allarmati dalla crescente presenza infrastrutturale e militare della Russia e della Cina, ma anche dai cambiamenti climatici, riaccendono il dialogo sulla sicurezza in questa strategica area del mondo.
Il cambiamento climatico, i delicati equilibri tra i governi del Nord Europa e la Russia e i continui investimenti militari di Mosca nell’Artico potrebbero spingere la NATO ad assegnare alla regione una maggiore priorità nella pianificazione della propria difesa, secondo quanto riferito da funzionari e analisti dei paesi nordici dell’Alleanza. Infatti, il progressivo riscaldamento dell’Artico, con conseguente scioglimento dei ghiacci, sta aprendo nuovi fronti di concorrenza in quest’area ricca di risorse, che potrebbero tradursi in un problema di sicurezza. Anna Wieslander, direttrice dell’Ufficio Europa Settentrionale del think tank Atlantic Council(*), che ha sede a Stoccolma, ha affermato durante un’intervista: “Ci sono numerose componenti per un classico dilemma di sicurezza in aumento nell’Artico. Non si tratta di mettere immediatamente più sorveglianza lassù, o più truppe e installazioni militari; si tratta più di ottenere una comprensione comune di come affrontare il problema e trovare modi per andare avanti, se possibile, con i russi”.
La posizione della Norvegia
La Norvegia, membro della NATO, che condivide un confine con la Russia, da tempo si bilancia tra l’allarme per il rafforzamento militare di Mosca nella vicina penisola di Kola (sede della Flotta Settentrionale russa) e la ricerca di relazioni di buon vicinato per la gestione della pesca e la cooperazione tra le guardie costiere. Il comando militare norvegese e la base della Flotta Settentrionale, presso Murmansk (città portuale russa che si affaccia sulla baia di Kola, nel Mare di Barents), hanno mantenuto una linea diretta anche dopo che Oslo ha interrotto tutti gli altri legami in ambito difesa a seguito all’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014. In una conferenza virtuale del 19 marzo organizzata dall’Atlantic Council, il ministro della Difesa norvegese, Frank Bakke-Jensen, ha dichiarato: “Stiamo lavorando a un dialogo aperto con la Russia”. Tuttavia, i funzionari norvegesi sono sempre più preoccupati dai missili a lungo raggio e dai nuovi armamenti sottomarini dei russi, oltre che dalle esercitazioni navali che questi svolgono sempre più vicino alle coste dei paesi NATO. “Non possiamo evitare il fatto che il panorama della sicurezza nell’Artico sta diventando più difficile”, ha detto Ine Eriksen Soreide, ministro degli Esteri norvegese. “Non vediamo la Russia come una minaccia diretta per la Norvegia, ma vediamo sempre più segnali verso la NATO e quindi la Norvegia quale membro di essa”.
La posizione degli USA
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, i suoi politici non vedono la regione come teatro di un conflitto imminente. “È la regione in cui, per molti aspetti, lo status quo è invidiabile”, ha affermato James DeHart, coordinatore del Dipartimento di Stato americano per la regione artica, che ha poi aggiunto: “Non sto minimizzando i rischi in quest’area. Dobbiamo tenere gli occhi aperti”. I funzionari del Pentagono hanno ben chiaro che le tensioni presenti in altre parti del mondo potrebbero rapidamente riversarsi nell’estremo Nord. “Dobbiamo essere in grado di collegare alcuni punti e pensare in anticipo a quel che dovremmo aspettarci dalla Russia nella regione”, ha detto Jennifer Walsh, alto funzionario politico del Dipartimento della Difesa. Sebbene l’obiettivo attuale di Mosca possa essere quello di rafforzare la propria difesa territoriale nell’Artico, “fino a che punto si spingerà per aumentare la sua supervisione o il controllo delle rotte marittime del Nord?”. Lo stesso, ha detto Walsh, vale per la Cina. Con le ambizioni dichiarate di Pechino di essere un attore nella regione, i suoi tentativi di influenzare i meccanismi di governance artica esistenti dovrebbero essere giudicati alla luce del suo comportamento altrove.
La NATO nell’Artico
Il fatto che l’amministrazione Biden abbia aderito nuovamente all’accordo di Parigi per combattere il cambiamento climatico ha dato impulso alla prospettiva di una maggiore cooperazione attraverso la NATO. Con riferimento alle raccomandazioni contenute nello studio “NATO 2030”, commissionato a un gruppo di analisti appositamente nominato (Reflection Group) e pubblicato il 25 novembre 2020, il Segretario generale Jens Stoltenberg desidera che i membri concordino su un concetto strategico che tenga conto delle nuove sfide connesse con la Russia e la Cina.
“Il concetto strategico dovrebbe evidenziare che la NATO ha un ruolo nell’Artico”, ha dichiarato all’evento dell’Atlantic Council Henning Vaglum, direttore generale per la politica di sicurezza presso il ministero della Difesa norvegese. “Storicamente ci sono stati alcuni dubbi al riguardo.”
In un’intervista al sito “Defence News”, la sopracitata Anna Wieslander ha evidenziato come la NATO, come istituzione, non si sia occupata molto dell’Artico, lasciando il lavoro pesante ai singoli paesi della regione: “Se hai una maggiore quantità di attività militare ma non un forum politico per mettere queste attività in un qualche tipo di prospettiva, allora hai un problema”.
La Russia e il suo sviluppo nell’Artico
Il governo russo presenterà presto al presidente Vladimir Putin un documento unificato sullo sviluppo dell’Artico, inteso a combinare gli aspetti economici e militari della proiezione di potenza della Federazione Russa nella regione settentrionale. Il documento, richiesto da Putin all’inizio di marzo, dovrebbe fornire un’agenda dei piani militari ed economici della Russia mentre Mosca si prepara a presiedere il Consiglio Artico (organismo istituito nel 1996 che comprende Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti) nel 2021-2023. “Questa regione è stata e rimane tradizionalmente nella sfera dei nostri interessi speciali. Praticamente tutti gli aspetti della sicurezza nazionale sono concentrati qui: militare-politico, economico, tecnologico, ambientale e delle risorse”, ha detto Putin nel 2014 durante la riunione del Consiglio di sicurezza russo sulla regione artica.
Secondo un rapporto di marzo dell’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI), l’80% del gas naturale russo e il 17% della sua produzione di petrolio proviene dall’Artico. “L’attività militare nell’Artico è necessaria per un controllo affidabile sulla regione e la protezione degli interessi lì. Il rafforzamento militare della Russia nell’Artico fa parte della strategia economica”, ha affermato Ilya Kramnik, ricercatore presso il think tank IMEMO di Mosca.
Durante un’esercitazione svoltasi il mese scorso, tre sottomarini nucleari russi hanno rotto simultaneamente il ghiaccio artico in una località non specificata della regione. Putin ha definito tale esercitazione come senza precedenti “nella storia del periodo sovietico e nella storia moderna della Federazione Russa”. Nel frattempo, il ministero della Difesa ha detto che presto testerà vari tipi di jet militari nell’Artico, compresi i caccia Su-34 e Su-35 e gli aerei anfibi B-200. Anche la forza anfibia della Marina si è recentemente esercitata nella regione artica con slitte trainate da cervi e cani, coordinandosi con la popolazione locale che fa uso di questi mezzi di trasporto. Con l’obiettivo di fornire ai militari gli equipaggiamenti necessari per operare nelle peculiari condizioni ambientali di quell’area, la Difesa russa ha lanciato una gara d’appalto “a inviti” rivota all’industria con lo scopo di ricevere proposte inerenti alle modalità di trasporto di tali materiali nell’Artico. Infine, l’anno scorso i funzionari della Difesa hanno annunciato l’intenzione di costruire sei tanker per rifornire le navi militari, che dovrebbero essere pronte entro il 2028.
Il governo russo vuole trasformare la rotta del Mare del Nord (NSR) in un canale commerciale uguale a quello di Suez, ma i tentativi di avere il pieno controllo sovrano sulla NSR sono messi in discussione dagli Stati Uniti.
Canada: preoccupazioni per l’espansione cinese nell’Artico
Anche il Canada, membro della NATO, sente di doversi confrontare nell’estremo Nord con quelli che ritiene i futuri problemi della regione, ovvero il cambiamento climatico e l’espansione cinese nell’Artico.
Infatti, il 24 marzo il Capo di Stato Maggiore della Difesa canadese, tenente generale Wayne Eyre, ha inviato un messaggio a tutto il personale delle forze canadesi sottolineando alcune delle questioni che i militari dovranno affrontare in futuro: “Varie tendenze come il cambiamento climatico, un maggiore interesse per l’Artico e le sfide alla nostra resilienza nazionale, evidenziatesi durante la pandemia, stanno guidando il cambiamento nel modo in cui concepiamo la difesa nazionale”. A tal fine, ha ricordato Eyre, Ottawa sta già acquisendo capacità più avanzate, soprattutto in ambito navale.
In particolare, durante la Ottawa Conference on Security and Defence tenutasi 10 marzo, il vicecapo del dipartimento della Difesa Nazionale, Jody Thomas, ha ammonito i partecipanti che l’espansione della Cina nell’Artico rappresenta un rischio anche per il Canada.
“Non dovremmo affatto sottovalutare la minaccia rappresentata dallo sfruttamento delle risorse nell’Artico, in particolare da parte della Cina”, ha detto Thomas durante il meeting virtuale, aggiungendo che “la Cina ha una brama vorace e non si fermerà davanti a nulla per soddisfarla, e l’Artico è uno degli ultimi domini e regioni rimasti, e dobbiamo capirlo e sfruttarlo – e più rapidamente di quanto possano farlo loro”.
Il Canada si sta già muovendo per limitare la presenza cinese nella regione. A dicembre, il governo canadese, citando preoccupazioni per la sicurezza nazionale, ha rifiutato l’autorizzazione a una società cinese a controllo statale di acquistare una miniera d’oro nel territorio artico del Canada. La miniera si trova a Hope Bay, nel Nunavut, e avrebbe dato alla Cina un punto d’appoggio vicino al Passaggio a Nord-Ovest, considerato una rotta chiave per la navigazione a causa dello scioglimento dei ghiacci. Thomas ha inoltre espresso preoccupazione per le attività russe nell’Artico, inclusa la costruzione di basi militari e di nuovi rompighiaccio polari.
(*) L’Atlantic Conucil è un think tank americano fondato nel 1961 e con sede a Washington D.C. il cui scopo è quello di “Promuovere la leadeship americana e promuovere accordi internazionali basati sul ruolo centrale della comunità atlantica nell’affrontare le sfide del XXI secolo”.