Yosef Abramowitz e il ruolo umanitario della “green economy”

Dic 18 2020
Arianna Maviglia
L’imprenditore americo-israeliano svolge da anni attività finalizzate al miglioramento delle condizioni di vita in aree sottosviluppate tramite il suo lavoro in società, come l’Arava Power Company e la Energiya Global Capital, che esportano un modello di energia ecosostenibile tramite la realizzazione di campi fotovoltaici.
Campi fotovoltaici (foto dai Marcus Sapir dalla pagina Facebook di Abramowitz)
Campi fotovoltaici. (foto di Marcus Sapir dalla pagina Facebook di Abramowitz)

L’energia rinnovabile, tema tanto discusso negli ultimi anni, ha nei progetti di Yosef Abramowitz un risvolto umanistico, a tutela di minoranze e comunità situate in aree rurali. Oltre a consistere in una immancabile opportunità per assicurare un futuro e apportare un cambiamento necessario, i campi fotovoltaici rappresentano una possibilità di rinascita e di sviluppo, conciliando alla crescita economica anche quella umana. Tramite il suo lavoro, Abramowitz ci svela il segreto di tale connubio.

Un imprenditore umanitario

Yosef Abramowitz è un attivista per i diritti umani, educatore ed imprenditore americo-israeliano. È una delle figure più autorevoli e meritevoli dell’industria dell’energia solare sia nello stato di Israele che nell’Africa Orientale. È stato annoverato tra i primi sei “Pionieri dell’eco-sostenibilità” a livello mondiale dalla CNN e come “Persona dell’anno” dalla Conferenza Israeliana Nazionale su Business ed Energia.

Abramowitz è co-fondatore della Arava Power Company, la principale compagnia israeliana per lo sviluppo dell’energia solare, ed è inoltre a capo della Energiya Global Capital, creata col fine di rendere accessibile e fornire energia rinnovabile a paesi come Il Ruanda, il Sudafrica e gli Stati Uniti sud-orientali. L’imprenditore è stato nominato ben tre volte per il premio Nobel per la Pace. Ha incontrato ufficiali e ministri provenienti da più di 40 paesi per assisterli nel pianificare un futuro sostenibile per il loro paese basato sull’utilizzo dell’energia solare. Nel 2008 ha dichiarato di “aver compreso che il medesimo sole illumina in egual maniera tutti noi senza appartenere a nessuno: esso può sopperire alla nostra necessità di energia in abbondanza e, implicitamente, si fa promotore della pace nel mondo. Il sole, infatti, non conosce confini.”

In un’intervista del 2010 al “Jerusalem Post”, Abramowitz ha dichiarato: “Condividiamo la visione del Primo Ministro Netanyahu. Vogliamo che Israele si affidi sempre più alle energie alternative, per sé stessa e per il resto del mondo, col fine di rendere sempre più marginale l’utilizzo di fossili combustibili.”

Abramowitz crede che l’energia rinnovabile sia un diritto umano fondamentale, tramite i suoi progetti favorisce l’attivismo umanitario e si fa promotore di iniziative volte a potenziare e valorizzare aree sottosviluppate. Per comprendere la sua visione e il suo ruolo nel favorire uno sviluppo ecosostenibile a sfondo umanitario, è indispensabile delineare il percorso delle due compagnie sopracitate e osservare l’impatto delle sue iniziative.

Campi fotovoltaici in Ruanda (foto dalla pagina Facebook di Abramowitz)
Campi fotovoltaici in Ruanda (foto dalla pagina Facebook di Abramowitz)
Arava Power Company

La Arava Power Company, di cui Abramowitz è stato presidente oltre che co-fondatore, è stata fondata nel 2006 anche da David Rosenblatt e Ed Hofland. La missione di questa compagnia è quella di sopperire al 10% del fabbisogno energetico di Israele attraverso l’energia solare. 

Nel 2010, il ministro delle Infrastrutture firmò un contratto del valore di 250 milioni di shekel (valuta ufficiale di Israele) con la Ketura Sun, un’azienda in possesso della Arava Power Company nonché il primo campo fotovoltaico del Medio Oriente. Questo accordo, valido per la durata di 20 anni, garantisce che l’energia prodotta dalla suddetta compagnia vada a sopperire alla domanda della Corporazione Elettrica di Israele, la più importante fornitrice di energia per lo Stato di Israele. Dopo aver costruito nel 2011 il primo campo fotovoltaico a scopi commerciali in Kibbutz Kibura (Israele), la compagnia annunciò l’anno seguente di aver avviato altri 8 progetti, proponendosi come obiettivo quello di rendere Israele ampiamente dipendente dall’energia rinnovabile entro la fine del 2020. Abramowitz si prefissava di creare un quorum speciale di campi fotovoltaici destinato ai proprietari terrieri beduini, tagliati fuori dal programma in vigore. La compagnia ha infatti stipulato diversi contratti con i Beduini del deserto del Negev, costruendo il primo campo per la comunità nel 2012. Questo progetto ha contribuito al percorso di sviluppo delle infrastrutture dell’area. Ad oggi, l’azienda è attiva e impegnata nel costruire un futuro “green” per Israele. 

Energiya Global Capital

La Energiya Global Capital è stata fondata nel 2011 da David Rosenblatt, Ed Hofland, Howie Rodenstein e Yosef Abramowitz, il quale all’interno dell’azienda ha ricoperto anche i ruoli di CEO e presidente. La società ha avviato progetti in diversi paesi tra cui Ruanda, Sudafrica e Stati sudorientali – con l’obiettivo di rendere più accessibile l’energia rinnovabile, come spiegato da Abramowitz. Egli afferma infatti che: “Oltre a generare un profitto, la Energiya Global Capital apporta numerosi benefici all’ambiente e supporta comunità e stati emergenti”.

L’azienda è stata la prima compagnia israeliana ad essere membro fondatore dell’iniziativa “Power Africa”, promossa dall’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Tale iniziativa puntava a raddoppiare l’accesso all’energia nella zona del Sub-Sahara. I 2/3 delle persone che vivevano nell’area non avevano infatti accesso all’energia, così come l’85% della popolazione residente nelle aree rurali. La Energiya Global Capital ha inoltre preso parte alla sub-iniziativa “Beyond the Grid”, per la quale in un arco temporale di 5 anni sono stati investiti 1 miliardo di dollari per promuovere il mercato dell’area sub-sahariana. Tramite questi investimenti e il conseguente rafforzamento del settore privato della zona, il progetto principale “Power Africa” si prefissava l’obiettivo di fornire elettricità a 20 milioni di abitazioni nell’Africa sub-sahariana. Il progetto sta ancora oggi sopperendo al proprio compito, svolgendo un ruolo chiave nello sviluppo dell’area.

Nel 2014, l’azienda ha completato il primo campo fotovoltaico nella città di Kigali, in Ruanda. Questo progetto, del valore di 24 milioni di dollari, ha incrementato del 6% la capacità generativa energetica dello stato. Il campo si trova presso l’Agahozo-Shalom Youth Village, casa e scuola per centinaia di bambini, in maggioranza orfani. La costruzione del campo è stata completata, e gli studenti dello Youth Village vengono istruiti sull’energia solare e sul suo funzionamento tecnico, con il fine di creare un gruppo di lavoratori competenti del settore che possano un giorno esportare l’utilizzo dell’energia solare in tutto il Ruanda e anche al di fuori dei suoi confini. La speranza di Abramowitz è che nel giro di un decennio possano beneficiare dell’elettricità generata dall’energia solare almeno un miliardo di persone, cittadini di paesi in via di sviluppo.

Foto presa dalla pagina Facebook di Abramowitz di Abramowitz presso l'Agahozo-Shalom Youth Village, in Ruanda



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Abramowitz presso l’Agahozo-Shalom Youth Village, in Ruanda. (foto dalla sua pagina Facebook)
L’eco-sostenibilità come diritto umano a protezione dei diritti umani

I progetti di Abramowitz e i successi ottenuti da tali progetti sono la prova di come la “green economy” sia un’opportunità e un’occasione di sviluppo finanziario, e non un freno alla crescita economica come è stata invece a volte definita. Essa costituisce una sfida alla quale siamo chiamati, una sfida necessaria per assicurarci un futuro sostenibile. Allo stesso tempo, come i risultati ottenuti dalle iniziative delle aziende citate dimostrano, l’eco-sostenibilità può essere un’occasione per migliorare le condizioni umanitarie nei paesi in via di sviluppo, nonché nei paesi industrializzati, e rafforzare la protezione e salvaguardia dei diritti umani, tra i quali Abramowitz saggiamente annovera, per l’appunto, l’accesso a fonti di energia rinnovabili.

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