Un gruppo di ricerca statunitense ha sviluppato un innovativo sistema di “imaging” che potrebbe essere installato sui droni aerei per consentire indagini subacquee e mappature ad alta risoluzione dei fondali marini.
Un team di ingegneri della Stanford University ha sviluppato una tecnica per visualizzare dall’aria gli oggetti che si trovano al di sotto della superficie del mare, combinando luce e suono per superare la barriera apparentemente invalicabile situata al passaggio tra l’aria e l’acqua.
Il sistema ibrido ottico-acustico in grado di fare ciò è stato battezzato Photoacoustic Airbone Sonar System (PASS) e, secondo quanto riferito dai ricercatori, sarà utilizzato in un prossimo futuro per effettuare indagini sulla biologia marina basate su droni aerei, effettuare ricerche su larga scala di navi e aerei affondati, nonché mappare le profondità dell’oceano con una velocità e un livello di dettaglio simili a quelli con cui si mappano i paesaggi della Terra. Tale sistema è stato descritto nel dettaglio in uno studio pubblicato sulla rivista americana IEEE Access dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers.
“I sistemi aviotraspostati o basati nello spazio che impiegano il radar o il laser [Laser Imaging Detection and Ranging – LIDAR, ndr.] sono in grado da decenni di mapparei paesaggi della Terra. I segnali radar sono persino in grado di penetrare la copertura nuvolosa e la copertura di fogliame. Tuttavia, l’acqua di mare è troppo assorbente per l’imaging nell’acqua.” Così ha affermato il leader del progetto Amin Arbaian, professore associato di ingegneria elettrica presso la Stanford’s School of Engineering. “Il nostro obiettivo è quello di sviluppare un sistema più robusto in grado di riprodurre immagini anche attraverso le acque torbide”.
I problemi legati alla mappatura degli oceani
Solo una minima parte degli oceani, che coprono circa il 70% della superficie terrestre, è stata sottoposta a imaging e mappatura ad alta risoluzione. Gli ostacoli principali riguardano problemi di fisica: per esempio, le onde sonore non possono passare dall’aria all’acqua e viceversa senza perdere la quasi totalità della propria energia – oltre il 99,9 % – attraverso la riflessione sull’altro mezzo.
Un sistema che cerca di scrutare i fondali marini utilizzando onde che viaggiano dall’aria all’acqua, e poi dall’acqua all’aria, è soggetto per due volte a questa perdita di energia, con una sua riduzione del 99,9999%.
Allo stesso modo, la radiazione elettromagnetica – termine che comprende luce, microonde e segnali radar – perde anch’essa energia nel passaggio da un mezzo fisico a un altro, sebbene il meccanismo sia differente da quello del suono. Ed è ciò che spiega Aidan Fitzpatrick, studente laureato in ingegneria elettrica a Stanford e primo autore dello studio: “Anche la luce perde un po’ di energia a causa della riflessione, ma la maggior parte di tale perdita è dovuta all’assorbimento da parte dell’acqua”. Questo è il motivo per cui la luce del Sole non può penetrare nelle profondità dell’oceano e, pertanto, gli oceani non possono essere mappati dall’aria e dallo spazio come si fa abitualmente con la terra. Ad oggi, la maggior parte delle mappe subacquee è stata ottenuta collegando i sistemi sonar a navi che attraversano una data regione di interesse. Ma questa tecnica risulta lenta, costosa e inefficiente per coprire grandi aree.
L’innovativo Photoacoustic Airborne Sonar System
Qui entra in gioco il PASS, che combina luce e suono per bypassare l’interfaccia aria-acqua. L’idea è nata da un altro progetto, anch’esso sviluppato a Stanford, che utilizzava le microonde per eseguire l’imaging e la caratterizzazione “non-contact” delle radici delle piante sotterranee. Alcuni degli strumenti del PASS, infatti, sono stati inizialmente progettati a tale scopo in collaborazione con il laboratorio del professore di ingegneria elettrica Butrus Khuri-Yakub. Il PASS gioca sui punti di forza individuali di luce e suono: “Se possiamo usare la luce nell’aria, dove la luce viaggia bene, e il suono nell’acqua, dove il suono viaggia bene, possiamo ottenere il meglio da entrambi i mondi”, ha spiegato Fitzpatrick.
I ricercatori affermano che il sistema (aeroportato) emette un fascio laser che, dopo aver colpito la superficie del mare ed esserne stato assorbito, genera onde ultrasoniche che si propagano lungo la colonna d’acqua e si riflettono sugli oggetti sottomarini prima di tornare indietro verso la superficie. Le onde sonore di ritorno sono ancora prive della maggior parte della loro energia quando attraversano la superficie dell’acqua; tuttavia, generandole sott’acqua con i laser, si può impedire che la perdita di energia avvenga due volte. “Abbiamo sviluppato un sistema che è abbastanza sensibile da compensare una perdita di questa entità e consentire ancora il rilevamento del segnale e l’imaging”, ha spiegato Arbabian.
Le onde ultrasoniche riflesse vengono poi “udite” e registrate da strumenti chiamati trasduttori. Il software viene quindi utilizzato per ricostruire i segnali acustici come un puzzle invisibile e ricostruire un’immagine tridimensionale dell’oggetto sommerso. Il software è in grado di correggere la rifrazione delle onde sonore mentre escono dall’acqua e nell’aria. “In modo simile a come la luce si rifrange quando passa attraverso l’acqua o qualsiasi mezzo più denso dell’aria, anche gli ultrasuoni si rifrangono”, ha riferito Arbabian. “I nostri algoritmi di ricostruzione dell’immagine correggono questa deviazione che si verifica quando le onde ultrasoniche passano dall’acqua nell’aria.”
L’impiego militare del nuovo sistema e i droni
Come è stato detto sopra, il sonar è il modo più efficace per mappare i fondali marini, ma fino a ora le onde soniche potevano essere emesse soltanto sott’acqua. Il sonar è usato comunemente, tra le altre cose, per il rilevamento dei sottomarini, funzione per la quale viene posizionato sullo scafo delle navi. I sistemi odierni più “simili” al PASS sono i “dipper”, come il FLASH (Folding Light Acoustic System for Helicopters) di Thales, sistemi a bassa frequenza e a banda larga che penzolano all’estremità di cavi dal fondo degli elicotteri e si immergono nel mare. Cosa che invece non deve fare il PASS grazie proprio al suddetto approccio fotoacustico.
Il PASS è stato per ora testato soltanto in laboratorio, grazie a un prototipo del dispositivo in piccola scala tenuto fermo su una vasca di plastica piena di acqua ferma per produrre un’immagine 3D di una “S” di metallo sommersa sotto la superficie. “Gli esperimenti attuali utilizzano acqua statica, ma attualmente stiamo lavorando per affrontare le onde”, ha detto Fitzpatrick, aggiungendo che “Questo è un problema impegnativo, ma lo riteniamo risolvibile.”
Dunque, la vera sfida sarà utilizzare la tecnologia per la mappatura del fondo marino, a causa delle peculiarità del mare aperto: onde e increspature che cambiano costantemente la forma e l’altezza della superficie. Sarà così necessario monitorare come verrà influenzato il segnale.
Secondo Fitzpatrick, il dispositivo sarà installato a bordo di un elicottero o di un drone: “Ci aspettiamo che il sistema sia in grado di volare a decine di metri sopra l’acqua”. Ma anche elicotteri e droni – che spingono molta aria e fanno molto rumore – apporteranno altre sfide ai trasduttori super sensibili, così come rimane aperta la questione della dimensione del dispositivo.
Il prossimo passo, dicono i ricercatori, sarà quindi condurre i test in un ambiente più ampio e, alla fine, in un ambiente di mare aperto. Intanto l’US Office of Naval Research and the Advanced Research Projects Agency-Energy (ARPA-E) supporta il progetto per garantire il proseguo della ricerca.