Nagorno-Karabakh: la vittoria militare di Baku e quella politica di Mosca e Ankara

Nov 13 2020
a cura di Benedetta Pellegrino
Dopo che Armenia, Azerbaigian e Russia hanno firmano l’accordo che ha posto fine ai combattimenti, a Erevan sono scoppiate manifestazioni di rabbia e l’opposizione ha chiesto le dimissioni del premier Pashinyan, accusandolo di tradimento. Intanto, l’asse turco-russo diventa garante della pace nell’enclave contesa.
Gli azeri festeggiano l'accordo sul Karabakh. (Foto da Anadolu Agency)
Gli azeri festeggiano l’accordo sul Karabakh. (Foto da Anadolu Agency)

Dopo oltre un mese di combattimenti e tensioni, Armenia, Azerbaigian e Russia hanno firmato la sera del 9 novembre un accordo per porre fine al conflitto militare nella regione contesa del Nagorno-Karabakh. L’accordo per il cessate-il-fuoco, annunciato dal presidente russo Vladimir Putin in diretta televisiva, ha previsto la fine di tutte le ostilità nella zona del conflitto dalla mezzanotte (ora di Mosca) del 10 novembre. Il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, ha twittato: “Questa è una giornata storica. Si pone fine al conflitto Armenia-Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh.

In seguito alla firma dell’accordo, migliaia di armeni si sono riversati nella capitale Erevan per protestare e chiedere con forza le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan, additandolo come traditore. “La mia è stata una decisione molto difficile” ha commentato il premier. “L’ho presa dietro le insistenze dell’Esercito. Immaginate la situazione in cui l’Esercito dice che è necessario fermarsi.

Un primo cessate-il-fuoco era stato raggiunto, sempre grazie all’intervento della Russia, il 10 ottobre, ma le tensioni sono tornate ben presto a salire. L’ultimo conflitto per il Nagorno-Karabakh ha visto così l’entrata in scena di nuovi attori, come appunto la Russia, interessata a mantenere la pace in quei territori, e la Turchia (alleata di Baku), che invece ha colto l’occasione per affermare la propria influenza sull’Azerbaigian.

La firma dell’accordo è arrivata nello stesso giorno in cui un elicottero russo Mi-24 è stato abbattuto sui cieli dell’Armenia vicino al confine con l’Azerbaigian, provocando la morte di due membri dell’equipaggio. Baku ha ammesso di aver abbattuto l’elicottero per errore e ha porto le sue scuse a Mosca, promettendo che tutti i responsabili sarebbero stati puniti. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha tenuto a chiarire che i lavori per il cessate-il-fuoco erano iniziati ben prima dell’incidente.

Il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, ha twittato: “Questa è una giornata storica. Si pone fine al conflitto Armenia-Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh.” (Foto da Anadolu Agency)
Il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, ha twittato: “Questa è una giornata storica. Si pone fine al conflitto Armenia-Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh.” (Foto da Anadolu Agency)
I punti cardine dell’accordo

L’accordo fra i tre paesi prevede, oltre al cessate-il-fuoco, che Armenia e Azerbaigian si fermino sulle posizioni raggiunte. In concomitanza al ritiro delle forze armate armene, la Russia si impegna a dispiegare i suoi peacekeeper lungo la linea di contatto nel Nagorno-Karabakh, il cosiddetto “corridoio di Lachin”. Nello specifico, i militari di stanza saranno 1.960 – con 90 veicoli corazzati, 380 automezzi, elicotteri Mi-8 e Mi-24 – e rimarranno nell’area per un periodo di cinque anni, rinnovabili per ulteriori cinque anni, se nessuna delle parti si dichiarerà contraria entro sei mesi dalla scadenza.

Inoltre, entro il 15 novembre l’Armenia dovrà trasferire all’Azerbaigian la regione di Kelbajar, entro il 20 novembre la regione di Aghdam nonché territori detenuti da Erevan nella regione azera del Gaza, ed entro il 1° dicembre la regione di Lachin, ad eccezione del corridoio di Lachin che garantirà il collegamento del Nagorno-Karabakh con l’Armenia, e la città di Shushi, la quale invece resterà sotto il controllo del contingente di pace.

Il rientro dei profughi nel territorio del Nagorno-Karabakh e nei distretti adiacenti avverrà sotto la supervisione dell’Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR).

Tutti i collegamenti con la regione saranno ripristinati. Nei prossimi tre anni, sarà realizzato un piano per la costruzione di una nuova strada lungo il corridoio di Lachin che assicuri la comunicazione tra il Karabakh e l’Armenia. L’Azerbaigian garantisce la sicurezza di movimento di cittadini, mezzi e beni in entrambe le direzioni nel suddetto corridoio. L’Armenia, dal canto suo, fornirà i collegamenti tra le regioni occidentali dell’Azerbaigian e la Repubblica autonoma di Nakhchivan.

Infine, le due parti dovranno scambiarsi i prigionieri di guerra.

Putin ha commentato: “Spero che questi ultimi passi che abbiamo intrapreso garantiscano una pace a lungo termine per i popoli dell’Azerbaigian e dell’Armenia”. Descrivendo gli eventi in Nagorno-Karabakh come una “tragedia”, il presidente russo ha aggiunto: “Vorrei esprimere con grande piacere che abbiamo raggiunto accordi per fermare lo spargimento di sangue”.

Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan. (Foto da Anadolu Agency)
Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan. (Foto da Anadolu Agency)
Una vittoria per l’Azerbaigian

L’accordo sancisce la vittoria militare dell’Azerbaigian – e quella politica di Russia e Turchia – scaturita dalla disponibilità di armi più moderne, fornite agli azeri da Ankara, e dalla ricchezza derivante dagli idrocarburi.

L’unità del nostro popolo ci consentirà di riportare in vita i territori liberati. Il Karabakh rinascerà. Verrà rivitalizzato e rinvigorito. Diventerà un vero paradiso”, ha commentato tramite il suo account Twitter il presidente azero Aliyev. “Questi sono i momenti più felici nella vita di ognuno di noi. La seconda guerra del Karabakh passerà alla storia come la gloriosa vittoria dell’Azerbaigian. Tutto il nostro popolo ha dimostrato unità e solidarietà nell’assicurare questa vittoria”, ha continuato, accreditando la vittoria alla “professionalità e al coraggio” dei militari.

Le proteste a Erevan non si fermano

In seguito alla firma dell’accordo di cessate-il-fuoco, diverse migliaia di manifestanti armeni sono scesi in piazza a Erevan per mostrare tutto il proprio disappunto. La rabbia è esplosa e la folla ha invaso la sede del governo armeno, saccheggiando i locali e rimuovendo la targa dall’ufficio del premier. “Se Pashinyan non si dimette, significa che il nostro popolo non ha dignità”, ha dichiarato l’ex primo ministro armeno Vazguén Manukián, dando voce alla richiesta dell’opposizione di dimissioni da parte del premier.

Il premier in carica si è assunto la responsabilità personale per quanto accaduto nel Nagorno-Karabakh: “Sì, sono responsabile di questa situazione e rimarrò responsabile: è un nostro grande fallimento e una grande catastrofe, siamo in lutto per le vite perse, ma credo che l’Armenia e Artsakh debbano vivere, rafforzarsi e riconsiderare le idee su varie questioni”, ha dichiarato Pashinyan in una diretta su Facebook, per poi continuare: “Questa non è una vittoria, ma non esiste sconfitta finché non ti consideri sconfitto. E noi non ci sentiremo sconfitti, questo sarà l’inizio di una nuova era di unità e rinascita nazionale”.

Il premier ha altresì dichiarato di essere stato costretto a prendete la decisione di firmare l’accordo – in seguito a consultazioni con lo Stato Maggiore e rappresentanti della Repubblica di Artsakh – sulla base della situazione al fronte, per evitare un collasso della struttura militare e la successiva e probabile caduta di Stepanakert, Martuni e Askeran.

Infatti, il 9 novembre era caduta Shushi, ovvero la seconda città del Karabakh, che si trova a pochi chilometri dal capoluogo, spianando la strada all’esercito di Baku verso Stepanakert. “Anche se siamo caduti, non siamo sprofondati nell’abisso, poiché abbiamo preso la tempestiva decisione di fermarci. Altrimenti la nostra situazione sarebbe stata molto peggiore. Dobbiamo imparare la lezione, che aiuterà ulteriormente lo sviluppo del nostro Paese”, ha dichiarato il premier armeno.

La Russia si è impegnata a dispiegare 1.960 peacekeeper con 90 veicoli corazzati, 380 automezzi, elicotteri Mi-8 e Mi-24 lungo il cosiddetto “corridoio di Lachin”. (Foto da Ministero della Difesa russo)
La Russia si è impegnata a dispiegare 1.960 peacekeeper con 90 veicoli corazzati, 380 automezzi, elicotteri Mi-8 e Mi-24 lungo il cosiddetto “corridoio di Lachin”. (Foto da Ministero della Difesa russo)
Il ruolo della Turchia

La Turchia è sicuramente uno degli attori esterni che hanno favorito la vittoria di Baku nel conflitto. Ankara, interessata ad affermare la propria influenza nella zona, ricca di idrocarburi, e a garantirsi uno sbocco sicuro sul Caspio, ha da subito sposato la causa azera, sostenendone le milizie con la fornitura di tecnologia e soldati. L’iniziativa ha provocato critiche da parte della comunità internazionale, ma il paese anatolico risulta essere uno dei vincitori politici del conflitto, visto che l’11 novembre il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha annunciato la firma di un memorandum d’intesa (MoU) che istituisce un centro congiunto turco-russo per monitorare l’accordo di pace. Insieme ai peacekeeper inviati da Mosca, esso condurrà attività di osservazione e supervisione.

Come Turchia e nazione turca, ogni giorno per 28 anni abbiamo sentito nei nostri cuori il dolore dell’occupazione insieme ai nostri fratelli azeri. La Turchia è pronta a fare tutto quel che è necessario per la pace, la sicurezza e la fiducia della regione”, ha detto Erdogan. “Nel conflitto che è iniziato di nuovo con l’attacco da parte dell’Armenia alle terre azere, siamo stati al fianco dei nostri fratelli azeri con tutto il cuore e le risorse, e abbiamo contribuito al processo per porre fine a questa occupazione”. Il presidente turco ha aggiunto che Ankara continuerà a cooperare in modo sempre più stretto con Baku, con la quale costruirà un “futuro comune”. Per la definizione di tutti i punti del MoU russo-turco è previsto a breve un incontro tra i ministri degli Esteri dei due paesi.

Il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar (a sinistra), viene accolto dal suo omologo azero, il generale Zakir Hasanov (a destra), per festeggiare la vittoria dell'Azerbaigian nel conflitto contro l'Armenia. (Foto da Anadolu Agency)
Il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar (a sinistra), viene accolto dal suo omologo azero, il generale Zakir Hasanov (a destra), per festeggiare la vittoria dell’Azerbaigian nel conflitto contro l’Armenia. (Foto da Anadolu Agency)

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