Il tesoro dell’Artico: fra sviluppo economico e conflittualità

Nov 05 2020
Arianna Maviglia
Il cambiamento climatico e il conseguente scioglimento dei ghiacci fanno della regione più settentrionale del mondo, con le sue sconfinate risorse naturali e l’apertura di nuove rotte marittime in grado di incrementare enormemente i commerci fra stati, il nuovo “Eldorado” per potenze quali Russia, Stati Uniti e Cina, spingendole a investire in ricerca e, soprattutto, a presidiare con basi e forze militari i propri interessi nell’area.
Lo scioglimento dei ghiacciai, causato dal cambiamento climatico, ha creato nuove rotte commerciali.
Lo scioglimento dei ghiacciai, causato dal cambiamento climatico, ha creato nuove rotte commerciali.

L’Artico è diventato negli ultimi anni causa di apprensione e tensione fra stati. Citando il ricercatore Laurence C. Smith, “Lo sviluppo nell’area è sia eccitante dal punto di vista dello sviluppo economico che preoccupante in termini di sicurezza per l’ambiente artico”. Lo scioglimento dei ghiacciai, sintomo di un aggressivo surriscaldamento globale, è uno degli effetti più preoccupanti del cambiamento climatico. Le conseguenze di questo fenomeno possono essere disastrose, inclusi la liberazione di virus e batteri seppelliti da migliaia di anni e l’aumento del livello del mare. Tuttavia, esiste un interessante rovescio della medaglia da tenere in considerazione: una serie di occasioni economiche che portano potenze come Cina, Stati Uniti e Russia a contendersi il controllo dell’area.

La frontiera delle nuove possibilità

Lo scioglimento dei ghiacciai permette un più facile accesso alle riserve minerarie dell’area: il 90% dei depositi di Nichel e cobalto, il 60% di quelli di rame e il 96% di quelli di platino della Russia, sono situati nell’Artico. Secondo recenti studi, un quarto dei depositi naturali di gas e petrolio del pianeta si trova proprio nella regione artica; risorse a cui, almeno ad oggi, è molto difficile attingere. Lo scioglimento dei ghiacciai comporterebbe un incremento generale dei commerci internazionali grazie alla creazione di nuove rotte. Entro la metà XXI secolo, normali navi da trasporto saranno in grado di sfruttare queste nuove rotte e attraversare delle aree ad oggi inaccessibili del Mar Glaciale Artico, senza neanche dover rompere il ghiaccio.

Le rotte del potere

Tre sono le rotte al vaglio delle potenze mondiali per incrementare i commerci e il traffico polare: la Northern Sea Route, che si sviluppa per la maggior parte all’interno all’interno delle acque territoriali russe; la rotta transpolare artica (Central Arctic Route), che non prevede il passaggio in acque territoriali; il passaggio a Nord-Ovest (North-West passage), che attraversa l’interno dell’arcipelago artico canadese.

Le potenziali rotte marittime nella regione artica. (Fonte: Assemblea parlamentare NATO)
Le potenziali rotte marittime nella regione artica. (Fonte: Assemblea parlamentare NATO)

La Northern Sea Route è una rotta preziosissima per i commerci, basti pensare che consente a un carico proveniente dall’Asia orientale e diretto nel nord dell’Europa di impiegare il 40% di tempo in meno per giungere a destinazione rispetto a qualsiasi altra rotta. Non è quindi una sorpresa l’interesse dimostrato da Cina ed Europa, poiché tramite la Northern Sea Route il commercio tra i due stati potrebbe incrementare del 100% entro il 2050. La Russia protegge questa rotta chiave con truppe aviotrasportate e unità speciali delle sue Forze aereospaziali (VKS). Il Cremlino, così come Canada e Danimarca, rivendica la sovranità su queste rotte in quanto passerebbero nelle sue acque territoriali, così come rivendica le risorse che si celano nel sottosuolo. La crescente presenza di altre potenze nella regione viene percepita dalla Russia come una minaccia alla propria sicurezza e ai propri interessi nazionali, con particolare riferimento agli Stati Uniti, sempre più presenti nell’area anche da un punto di vista militare.

Sviluppo e geopolitica

Fra i vari progetti lanciati da Washington vi è l’Artic Mobile Observing System (AMOS) della US Navy, un sistema di sorveglianza sottomarino che raccoglierà informazioni sui cambiamenti climatici e, parallelamente, supporterà la presenza degli Stati Uniti nell’area consentendo di monitorare le operazioni straniere nelle acque della regione. Anche la Cina guarda a Nord, unendo alla ricerca scientifica nell’area la necessità di rafforzare il proprio ruolo nel contesto geopolitico polare, con uno spiccato interesse per le miniere di zinco. Nel 2019 Pechino ha varato la Xue Long 2, la prima nave rompighiaccio costruita localmente, che si appresta al suo primo viaggio in Artico. Inoltre, ha in programma di realizzare una nuova classe di rompighiaccio più grandi e più capaci.

Gli equilibri tra stati e gli assetti internazionali sono monitorati dal Consiglio artico internazionale, istituito il 19 settembre del 1996, che promuove cooperazione nei settori della tutela dell’ambiente, strategie economiche ecosostenibili e compartecipazione per sviluppare un assetto comune. Nonostante i buoni propositi, la tensione nell’area è costante e crescente, gli equilibri labili e le alleanze mutevoli. Anche gli Stati Uniti lavorano su una nuova classe di navi rompighiaccio, e sull’isola Terra di Alessandra (nell’Oceano Artico) è stata avviata la costruzione di una base russa che ospiterà 150 militari.

Paracadutisti russi nel corso di un'esercitazione nella regione artica. (Ministero della Difesa russo)
Paracadutisti russi nel corso di un’esercitazione nella regione artica. (Ministero della Difesa russo)

Nell’Artico si svolgono di continuo esercitazioni militari. Recentemente, un’unità navale della US Coast Guard in missione di pattugliamento a nord del 72° parallelo si è imbattuta in un’attività congiunta russo-cinese di cui l’intelligence statunitense non era a conoscenza, un episodio che testimonia come il monitoraggio della regione sia ormai una necessità imprescindibile per tutti gli attori coinvolti.

I nuovi tesori dell’Artico fanno gola a molti e, seppur sepolti nel ghiaccio, ci permettono di ipotizzare l’emergere a breve termine di un conflitto di interesse fra ecosostenibilità e mire espansionistiche a fini economici, un’eventualità di cui è difficile prevedere le conseguenze e che ci lascia con molte perplessità sul futuro della regione e delle sue risorse.

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