Grazie all’accordo di cessate-il-fuoco siglato dalle forze di Tripoli e Tobruk, la National Oil Corporation libica ha annunciato lo sblocco dei giacimenti nel paese nordafricano e la ripresa delle esportazioni, che però potrebbero minacciare gli sforzi dell’OPEC+ di stabilizzare i mercati tagliando la produzione.

La compagnia petrolifera nazionale libica (National Oil Corporation – NOC) ha annunciato la revoca, a partire dal 26 ottobre, dello stato di “forza maggiore” all’origine dell’interruzione delle attività del giacimento di El Feel (gestito da una joint venture di ENI e NOC) e la fine dei blocchi in tutti i campi e scali portuali del paese. Inoltre, sono state date istruzioni all’operatore Mellitah Oil & Gas BV di riprendere la produzione nel suddetto El Feel (anche noto come “the Elephant”) e il ritorno graduale ai livelli normali di produzione di greggio nei prossimi giorni.
La ripresa della produzione arriva dopo un blocco durato circa nove mesi, grazie all’accordo di cessate-il-fuoco firmato il 23 ottobre a Ginevra nell’ambito del Comitato militare congiunto 5+5 (formato da 5 rappresentati dell’Esercito Nazionale Libico al comando del generale Haftar e da altrettanti membri delle forze del Governo di Accordo Nazionale con sede a Tripoli). La novità è rappresentata dall’adesione alla tregua da parte di Haftar, che il 21 agosto aveva respinto l’accordo preliminare annunciato dai governi di Tripoli e Tobruk.
Mustafa Sanalla, presidente della NOC, ha dichiarato che i libici hanno capito quanto il blocco abbia avuto ripercussioni negative sulle loro vite e sostengono con forza la ripresa della produzione su basi solide. Sanalla ha anche sottolineato come la compagnia petrolifera nazionale sia l’unica fonte affidabile per annunciare le quantità di produzione previste, in conformità con le disposizioni del Joint Ministerial Monitoring Committee (JMMC), la commissione di monitoraggio congiunta istituita da OPEC e OPEC+(*).
Un processo per il cessate-il-fuoco lungo e difficile
Nei giorni precedenti alla Conferenza di Berlino del 19 gennaio 2020, le forze tribali pro-Haftar bloccarono i principali pozzi di greggio in Libia, accusando la NOC di utilizzare le rendite petrolifere per supportare il governo tripolino di al-Sarraj. Da quel momento, i pozzi sono rimasti chiusi.
Dal punto di vista militare e politico, la situazione raggiunse il massimo della tensione il successivo 9 giugno, quando le truppe del GAN, grazie anche al sostegno militare della Turchia, raggiunsero la periferia di Sirte, città dalla grande importanza strategica. Un’eventuale battaglia per la conquista di questo centro e della non lontana base aerea di al-Jufra, essendo probabilmente decisiva per le sorti del conflitto, avrebbe potuto causare l’intervento diretto e massiccio degli sponsor internazionali dei due contendenti libici, in primis Turchia (pro-GNA) ed Egitto (pro-LNA), con conseguenze molto gravi. Tale pericolo ha spronato la comunità internazionale a rinnovare gli sforzi diplomatici per ottenere una de-escalation, con il risultato che il 21 agosto i governi di Tripoli e Tobruk hanno annunciato un accordo preliminare per il cessate-il-fuoco in tutto il territorio libico, invitando le forze contrapposte a smilitarizzare Sirte e la base di al-Jufra. L’intesa prevedeva inoltre la partenza di tutti i combattenti stranieri dalla Libia, la revoca del blocco sui pozzi petroliferi e il rilancio del processo politico. Tuttavia, all’accordo non aderirono le forze di Haftar, uno degli attore principali del conflitto.
Successivamente, allo scopo di stabilizzare la tregua e avviare negoziati politici, delegazioni dei due governi si sono incontrate a Bouznika, in Marocco, per due round di colloqui tenutisi dal 6 al 10 settembre e dal 2 al 6 ottobre.
Parallelamente alla seconda serie di incontri, sotto l’egida dell’ONU i paesi che avevano partecipato alla Conferenza di Berlino del 19 gennaio e sei paesi confinanti con la Libia hanno dato vita a un meeting da remoto (cosiddetto “Berlino 2”), durante il quale hanno evidenziato la necessità di attuare riforme economiche nel paese nordafricano e di porre fine alle ingerenze straniere. L’11 ottobre, Stephanie Williams, l’inviato ad interim delle Nazioni Unite in Libia, ha annunciato la ripresa dei colloqui intra-libici inclusivi (Libyan Political Dialogue Forum – LPDF), il cui primo incontro si è svolto al Cairo fino al 13 ottobre. Il giorno 19 ottobre sono incominciati a Ginevra i colloqui del Comitato militare 5+5 culminati con l’accordo del 23 ottobre.

L’ONU accoglie con favore l’accordo tra LNA e GNA
L’intesa tra le forze tripoline e quelle di Tobruk è stato accolto con favore dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che lo ha definito un “risultato storico” e ne ha sollecitato la piena attuazione.
Infatti, esso chiede ad entrambe le parti “di mostrare la stessa determinazione nella ricerca di una soluzione politica” durante i prossimi incontri su questo tema che incominceranno il 9 novembre a Tunisi, nell’ambito del Libyan Political Dialogue Forum promosso dall’UNSMIL, la missione delle Nazioni Unite in Libia. Il Consiglio ha ricordato, inoltre, la necessità che gli attori esterni aderiscano all’embargo sulle armi alla Libia imposto fin dal 2011 e non interferiscano negli affari interni del paese.
L’inviato dell’ONU, Stephanie Williams, ha detto di aspettarsi che i prossimi colloqui di pace fissino la data per le elezioni generali in Libia: “C’è un chiaro e sincero desiderio di tenere le elezioni il prima possibile, e qualunque sia l’autorità esecutiva concordata dalle parti libiche, essa dovrà concentrarsi sulla preparazione delle elezioni. Mi aspetto che venga fissata una data per il voto.” Williams ha poi concluso: “Abbiamo imparato da precedenti processi politici a non escludere alcuna corrente politica, pertanto a questo dialogo partecipa una rappresentanza del vecchio regime. Ecco perché sono più ottimista.”
Anche la Farnesina ha espresso il “grande favore” con cui l’Italia ha accolto la firma del 23 ottobre: “L’accordo per un cessate il fuoco permanente e duraturo, accompagnato da importanti provvedimenti in materia di sicurezza, a cominciare dal ripristino dei collegamenti aerei e terrestri interni alla Libia e dall’attuazione di misure di confidence building, è uno sviluppo di cruciale importanza per la stabilità della Libia”.

Le difficoltà dell’OPEC e dell’OPEC+
Come riportato dall’agenzia statunitense “Bloomberg” sulla base di fonti anonime, la produzione di greggio giornaliera, dopo la revoca del blocco, avrebbe raggiunto i 700 mila barili rispetto ai nemmeno 100 mila che si registravano a inizio settembre. La ripresa delle esportazioni e lo sblocco dei pozzi petroliferi hanno avuto un impulso favorevole sull’economia del paese nordafricano, il quale è membro dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) e il paese africano con le maggiori riserve di carburante.
Tuttavia, questo rapido aumento della produzione in Libia, in concorso con le nuove restrizioni adottate per contenere la diffusione della pandemia da CoVid-19 in Europa, sta minando gli sforzi per ridurre l’offerta di greggio mondiale condotti dall’OPEC e dai produttori esterni al cartello guidati dalla Russia (OPEC+).
La domanda di greggio era in fase di ripresa, grazie all’accordo concluso dai paesi OPEC+ di tagliare la produzione di circa 10 milioni di barili al giorno con lo scopo di stabilizzare i mercati dell’energia e sostenere la crescita dell’economia globale flagellata dalla pandemia di Coronavirus, causa del crollo registrato nei primi mesi del 2020 con il WTI (West Texas Intermediate) che sfiorò i -37 dollari al barile. Ora, invece, la domanda riprende a vacillare, tanto che l’Arabia Saudita, principale produttore dell’OPEC, sta valutando se annullare il piano di aumento graduale della produzione previsto per gennaio.
La necessità di una stabilità finanziaria per il paese
Il presidente della NOC Sanalla, durante un incontro con alcuni ambasciatori europei (incluso quello italiano) svoltosi nella sede tripolina della compagnia il 10 ottobre, ha sottolineato l’importanza di ritrovare una stabilità in Libia, nonché del lavoro svolto dalla NOC per sostenere l’economia nazionale nonostante le difficili circostanze: “Ripristinando la stabilità in Libia, saremo tutti in grado di superare molte grandi sfide e ostacoli, compresa la questione dell’immigrazione illegale. Abbiamo anche bisogno del sostegno dell’Unione Europea in questo senso, e in particolare del ritorno alla sicurezza e alla stabilità economica nel nostro amato Sud libico, proteggendo i confini meridionali”. Sanalla ha confermato, inoltre, di dover “tenere la NOC lontano da qualsiasi conflitto politico perché rappresenta la spina dorsale dell’economia libica e l’unica risorsa di reddito. I proventi del petrolio devono essere gestiti in modo giusto ed equo per tutti, in modo da garantire una vita dignitosa al popolo libico e alle generazioni future.”
Al termine dell’incontro, gli ambasciatori dell’Unione Europea hanno sottolineato il loro pieno e illimitato supporto alla NOC e al settore petrolifero libico, con lo scopo di riportare la produzione ai suoi livelli normali, in modo da generare riflessi positivi su tutti gli aspetti della vita, in tutta la Libia, senza alcuna eccezione.

(*) Il Joint OPEC-Non-OPEC Ministerial Monitoring Committee (JMMC) fu istituito in seguito alla 171a Ministerial Conference Decision dell’OPEC il 30 novembre 2016 e alla successiva Declaration of Cooperation scaturita dall’incontro ministeriale congiunto OPEC / Non-OPEC che ebbe luogo il 10 dicembre 2016.
Il JMMC ha il compito di garantire che gli obiettivi della 171a Ministerial Conference Decision e della Declaration of Cooperation vengano raggiunti mediante l’attuazione delle regolazioni volontarie nella produzione. Inoltre, ha il compito di facilitare lo scambio di analisi e prospettive congiunte.
Il JMMC è composto da tre paesi membri dell’OPEC (Algeria, Kuwait e Venezuela) e due paesi non OPEC (Russia e Oman).