I war games delle forze armate russe, condotti nelle acque internazionali del Mare di Bering, oltre che nell’Oceano Artico e nel Mar Baltico, confermano la volontà del Cremlino di rafforzare la propria presenza militare nella regione artica, divenuta strategica a causa delle sue enormi ricchezze minerali.
“Stiamo irrobustendo le nostre forze per garantire lo sviluppo economico della regione artica. Ci stiamo abituando ai suoi spazi.” Con queste parole, contenute in una nota ufficiale del ministero della Difesa russo, l’ammiraglio Nikolai Yevmenov, comandante in capo della Marina militare di Mosca, ha spiegato lo scopo di fondo della grande esercitazione aeronavale “Ocean Shield 2020” che il Cremlino ha lanciato il 3 agosto e si è svolta nelle acque internazionali del Mar Baltico, dell’Oceano Artico e del Mare di Bering, lo spazio marittimo che separa l’Estremo oriente russo dall’Alaska, Stato federato degli USA. A quest’ultima fase dell’esercitazione, che dovrebbe proseguire anche nel mese di settembre, hanno finora partecipato oltre 50 navi da guerra e circa 40 aerei, come ha dettagliato lo stesso Yevmenov: “È la prima volta in assoluto che teniamo esercitazioni così massicce nell’area”, ha precisato l’alto ufficiale.
Missili cruise su bersagli simulati nel Mare di Bering e nel Golfo dell’Anadyr
La Flotta del Pacifico della Marina russa ha comunicato che durante l’esercitazione al largo dell’Alaska, alcune sue unità, segnatamente l’incrociatore missilistico Varyag e il sottomarino nucleare Omsk, hanno lanciato missili da crociera contro un bersaglio simulato nel Mare di Bering. Missili cruise Onyx sarebbero stati invece lanciati dalla costa della penisola di Ciukci, che si affaccia sullo Stretto di Bering, verso un altro bersaglio situato nel Golfo dell’Anadyr.
Il sottomarino Omsk è stato anche avvistato il 27 agosto dalle forze statunitensi mentre emergeva sulla superficie del mare vicino all’Alaska, ma sempre in acque internazionali, come ha precisato Bill Lewis, portavoce dell’U.S. Northern Command, il quale ha rifiutato di fornire ulteriori dettagli sul battello russo e sulla sua vicinanza alle acque territoriali degli Stati Uniti. Da parte sua, la Flotta del Pacifico russa ha definito l’emersione dell’Omsk “un evento di routine”. Non così l’ex capo di stato maggiore della Marina russa, l’ammiraglio a riposo Viktor Kravchenko, secondo il quale essa sarebbe “un segnale [deliberato] che non stiamo dormendo e che possiamo essere dovunque vogliamo”, come riportato dall’agenzia di Stato RIA Novosti. Da ricordare, inoltre, che nell’ambito della Ocean Shield 2020 è stata simulata anche un’operazione anfibia dei fanti di marina della Flotta del Pacifico, che hanno preso terra sulla costa disabitata vicino alla Baia della Provvidenza, un fiordo della penisola di Ciukci (vedi video qui sotto).
Lo “scramble” dei caccia statunitensi per scortare i Tu-142 russi
Nella serata dello stesso 27 agosto, il North American Aerospace Defense Command (NORAD, un comando binazionale USA-Canada) ha fatto decollare su “scramble” i suoi caccia F-22 per intercettare tre gruppi di aerei russi formati ciascuno da due velivoli da pattugliamento marittimo Tu-142, che erano entrati nella Zona di identificazione della difesa aerea (ADIZ) dell’Alaska, arrivando a 50 miglia nautiche da quest’ultima senza violare lo spazio aereo di Stati Uniti e Canada. Secondo il NORAD, gli aerei russi sarebbero rimasti nell’ADIZ per cinque ore prima di allontanarsi.
Il ministero della Difesa russo ha fornito altri dati, riferiti a tutte le attività della Ocean Shield 2020 che si sono svolte sulle acque del Mar Baltico e degli Oceani Pacifico (al quale appartiene il Mare di Bering) e Artico. Le esercitazioni avrebbero coinvolto assetti aerei della Marina (Flotte del Nord, del Baltico e del Pacifico) e dell’aviazione a lungo raggio delle Forze Aerospaziali, per un totale di 8 Tu-142 e 4 Il-38 per la lotta antisommergibile, 2 bombardieri Su-24M, 2 bombardieri strategici Tu-95MS e 1 aerocisterna Il-78. Questi velivoli, secondo la Difesa russa, hanno volato per oltre 12 ore 10.000 chilometri.
Pur rispettando le acque e gli spazi aerei nazionali altrui, la grande esercitazione russa conferma la postura più aggressiva assunta recentemente da Mosca nella regione dell’Artico, divenuta strategica per via delle sue grandi ricchezze minerali (gas e petrolio), il cui valore è stato stimato dal presidente russo Putin in 30 trilioni di dollari. Come ha sottolineato il generale dell’USAF Glen D. VanHerck, comandante del NORAD, “I nostri approcci settentrionali hanno visto un aumento dell’attività militare straniera, poiché i nostri concorrenti continuano a espandere la loro presenza militare e a sondare le nostre difese. Quest’anno abbiamo condotto più di una decina di intercetti, il numero più alto registrato negli ultimi anni. L’importanza dei nostri continui sforzi per proiettare le operazioni di difesa aerea nel Nord non è mai stata così evidente.”