Il progetto da 600 milioni di euro, che vede la partecipazione dell’ente pubblico di ricerca italiano e di ENI, dovrà sperimentare soluzioni avanzate per l’energia da fusione, rafforzando così la leadership dell’Italia in un settore strategico.
La realizzazione presso il Centro di ricerche ENEA di Frascati del DTT (Divertor Tokamak Test), una macchina che avrà l’onere di sperimentare soluzioni avanzate per l’energia da fusione, è entrata nella fase operativa. I primi appalti sono stati assegnati subito dopo il consolidamento del progetto e la creazione della società DTT Scarl (di cui fanno parte ENEA, ENI e Consorzio CREATE) per la creazione dell’opera.
Si tratta di un progetto da circa 600 milioni di euro che sarà realizzato nel giro di 7 anni (a partire dalla prima gara nel 2016 fino alla messa in servizio prevista entro la fine del 2022) grazie al contributo finanziario del Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE), del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), della Regione Lazio, di ENEA e degli altri partner del consorzio, oltre al prestito da 250 milioni di euro della Banca Europea degli Investimenti (BEI) nell’ambito dei fondi EFSI (Piano Juncker).
Attraverso questo progetto, l’Italia si pone l’obiettivo di rafforzare il proprio ruolo di leader in un settore strategico dell’energia, puntando allo sviluppo della fusione come fonte alternativa di energia inesauribile, pulita e sicura.
Ruolo e obiettivi del DTT
Il ruolo principale del DTT è quello di contribuire allo sviluppo di una soluzione per la potenza e lo scarico delle particelle in un reattore, una delle maggiori sfide attuali per la realizzazione di una centrale a fusione nucleare. Parte dell’energia prodotta dalle reazioni di fusione fuoriesce dal plasma sotto forma di neutroni e viene distribuita uniformemente in tutte le direzioni. Un’altra viene irradiata, mentre una frazione non trascurabile viene “trasportata” verso il bordo del Tokamak, in una regione denominata Scrape-Off Layer (SOL), e poi convogliata in una regione periferica dello stesso Tokamak, ovvero il “divertore”. È lì che sorge uno dei maggiori problemi nella ricerca sulla fusione termonucleare.
Infatti, gli esperimenti in corso dimostrano che le dimensioni del SOL sono molto piccole e che lo saranno ancora di più nei dispositivi di prossima generazione (ITER e DEMO), dove si parla di millimetri per lo spessore del SOL rispetto a dozzine di metri di plasma di fusione. Di conseguenza, i flussi di potenza che impatteranno sul divertore saranno concentrati su superfici relativamente molto piccole, quindi con enormi carichi termici per unità di superficie.
Una spinta per lo sviluppo di tecnologie innovative
Nel DTT verranno affrontate le questioni di fisica e tecnologia del divertore integrate con studi del plasma all’avanguardia, che consentiranno a questo esperimento di essere un attore chiave anche per lo sviluppo della fisica del plasma di base.
Tre sono le strategie possibili per ridurre i flussi di potenza nel divertore:
– La prima mira ad aumentare la frazione di energia trasportata dalla radiazione, tale da ridurre i flussi di energia per unità di superficie e ridurre i carichi termici che il deviatore deve sopportare;
– La seconda è diretta al miglioramento delle proprietà dei materiali direttamente esposti al plasma, grazie a una forte sinergia tra le comunità della fusione e gli esperti di scienza dei materiali;
– L’ultima studia l’ottimizzazione della topologia magnetica del divertore.
ENEA ed ENI insieme verso una nuova frontiera dell’energia
L’energia da fusione è una risposta molto promettente alla domanda di energia per le generazioni future. Per di più, è stato stimato che il progetto DTT avrà ricadute sul PIL nazionale di circa due miliardi di euro, con la creazione di 1.500 nuovi posti di lavoro (500 diretti tra scienziati e tecnici e altri 1.000 nell’indotto)
Il 29 gennaio 2020, presso il Centro Ricerche di Frascati, ENEA ed ENI hanno siglato la sopracitata alleanza strategica per l’energia del futuro: “Con questa alleanza fra ricerca e industria, l’Italia rilancia il suo ruolo di leadership in un settore strategico per la competitività del nostro Paese, quello della fusione, dove le aziende italiane hanno già vinto oltre 1,2 miliardi di euro di contratti e sono considerate fra le migliori al mondo”, ha sottolineato il presidente ENEA Federico Testa in occasione del raggiungimento dell’intesa. “Voglio ringraziare tutti coloro che in ENEA si sono impegnati per arrivare a questo risultato, e le istituzioni che hanno svolto un ruolo fondamentale per raggiungere questo traguardo che si inquadra nel contesto più ampio della nostra mission di affiancare le imprese nella sfida dell’innovazione, attraverso il trasferimento di conoscenze, tecnologie avanzate, servizi, progetti, prodotti.”.
Dal canto suo, l’amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi, ha dichiarato: “Questa collaborazione si inquadra nella visione strategica di ENI per la trasformazione del mondo dell’energia, nel quale la fusione a confinamento magnetico potrà giocare un ruolo essenziale. Il nostro know how industriale, le competenze di gestione e sviluppo di grandi progetti, combinate con l’eccellenza della ricerca scientifica di ENEA, saranno la chiave di successo per la realizzazione di questa importantissima iniziativa e infrastruttura, basata primariamente su competenze e tecnologie italiane”.
Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo Economico presente all’atto della firma, ha aggiunto: “Lo sviluppo e l’applicazione di tecnologie innovative rivestono, infatti, un ruolo decisivo nella transizione energetica che punta in direzione della decarbonizzazione e della sostenibilità ambientale. Per il MiSE è prioritario rafforzare le sinergie tra il mondo della ricerca e quello produttivo per favorire, attraverso il trasferimento tecnologico, la competitività industriale del nostro Paese e la creazione di nuovi posti di lavoro.”.