Nel corso di un innovativo esperimento sul campo che si concluderà nei prossimi giorni, sono stati studiati i problemi e le potenzialità connessi con l’integrazione di veicoli senza equipaggio nelle formazioni da combattimento terrestri dell’Esercito statunitense.
Soldati dell’US Army e ricercatori stanno effettuando a Fort Carson (Colorado) un esperimento operativo su larga scala, incominciato il 15 giugno e che si concluderà il prossimo 14 agosto, per verificare la possibilità di integrare veicoli senza equipaggio nelle formazioni di combattimento della fanteria, secondo il concetto di Manned Unmanned Teaming (MUM-T). Lo scopo ultimo del programma in funzione del quale si svolgono i test, chiamato Robot Combat Vehicle (RCV), è quello di sviluppare una suite di veicoli che possano essere operati a distanza per fare due cose: fornire ai comandanti più tempo e spazio per prendere decisioni, garantendo loro capacità di ricognizione aggiuntive e una distanza standoff dal nemico; oppure sostituire i soldati in attività a elevato rischio, come gli attacchi combinati multi-arma o le ricognizioni CBRNE (cioè in presenza di minacce chimiche, biologiche, radiologiche, nucleari ed esplosive). In definitiva, il programma RCV punta a fornire ai soldati strumenti aggiuntivi per avere successo in un campo di battaglia complesso e multi-dominio.
In campo APC M113 e M2 Bradley modificati
La campagna di prove in via di completamento è la prima di una serie che vedrà protagonista il cosiddetto Robotic Combat Vehicle (RCV) ed è condotta in collaborazione dal Next Generation Combat Vehicle – Cross Functional Team e dal CCDC (Combat Capabilities Development Command) Ground Vehicle Systems Center dell’Esercito statunitense. Quest’ultimo aveva lanciato nel 2019 un esperimento virtuale per avviare lo studio delle problematiche connesse con la cooperazione sul campo di veicoli “manned” e “unmanned”. Per il primo esperimento pratico, invece, un reparto delle dimensioni di un plotone, formato da soldati della 4a Divisione fanteria, è stato equipaggiato con veicoli RCV, ovvero cingolati M113 per il trasporto truppe modificati, e dimostratori tecnologici MET-D (Mission Enabling Technologies Demonstrators), costituiti da veicoli da combattimento M2 Bradley, anch’essi modificati. Quest’ultimi sono dotati delle più recenti tecnologie per la sensoristica, la visualizzazione dei dati, l’interfaccia grafica, le capacità “drive-by-wire”, i video forniti da UAV (Unmanned Aerial Vehicle) e le comunicazioni avanzate. Gli RCV, gestiti dai MET-D, sono invece piattaforme senza equipaggio che possono entrare in contatto con il nemico prima dei soldati, a tutela di quest’ultimi, e opporre mobilità, capacità di sopravvivenza e letalità superiori contro le future minacce degli ambienti operativi.
La dimostrazione di Fort Carson
Nelle prove in Colorado sono stati utilizzati 4 RCV, 2 MET-D con a bordo gli operatori degli RCV e 2 Bradley normali per il trasporto di 6 soldati esploratori. Dopo due settimane di addestramento e una di esercitazioni a fuoco reale con le armi degli RCV, la forza ha trascorso altre due settimane manovrando su terreno misto montuoso e desertico, oltre che in ambiente urbano simulato, dove gli esploratori sono smontati per entrare negli edifici e muoversi su terreni impraticabili per i veicoli, con soldati e RCV a coprirsi i reciproci punti ciechi. L’esperimento di Fort Carson si è concentrato sulle operazioni di “cavalleria”, con piccoli reparti esploranti che operano in posizione avanzata rispetto alla forza principale ed entrano in contatto col nemico attraverso i veicoli robotici. Come ha spiegato il Brig. Gen. Richard Ross Coffman, direttore del programma di modernizzazione dei veicoli dell’US Army, i futuri esperimenti andranno oltre questa modalità d’impiego e vedranno protagonisti robot che attaccano e difendono specifici obiettivi, anche nell’ambito di operazioni combinate multi-arma.
I prossimi esperimenti e i problemi da risolvere
Secondo le prime informazioni fornite dall’US Army alla stampa nei giorni scorsi, durante l’esperimento in Colorado i Robotic Combat Vehicles hanno sfoggiato prestazioni complessivamente superiori alle aspettative, ma hanno anche rivelato problemi che dovranno essere risolti. Un esempio è stato citato dal direttore del CCDC Ground Vehicle Systems Center, Jeffrey Langhout: “In questo momento non abbiamo sensori in grado di dire se ci stiamo imbattendo in una piccola pozzanghera che possiamo attraversare, oppure se la pozzanghera è profonda due metri e mezzo e ci impantanerà per sempre”. Un’altra criticità l’ha evidenziata il generale Coffman, il quale ha detto che il software Aided Target Recognition per l’individuazione di obiettivi nemici funziona bene solo quando l’RCV è fermo, mentre in movimento l’arma del veicolo e le sue ottiche “saltellano” troppo, impedendo al software di creare una picture chiara.