Ponendo fine a un anno di speculazioni, il Pentagono ha annunciato il destino dei primi Lightning II prodotti originariamente per Ankara e mai consegnati dopo la sospensione del paese anatolico dal programma JSF.
La Turchia sembra sempre più estranea all’universo F-35. Dopo la rimozione del suo nome dalla lista dei “partecipanti globali” sul sito internet del programma JSF, un asettico comunicato del Pentagono pubblicato la sera del 20 luglio ha annunciato che l’US Air Force acquisterà 8 esemplari di F-35A (il modello a decollo e atterraggio convenzionali) originariamente costruiti da Lockheed Martin per Ankara, nell’ambito di un contratto da 862 milioni di dollari che finanzia anche la modifica di questi aerei per portarli alla configurazione prevista per l’Aeronautica statunitense, nonché l’acquisizione di ulteriori sei 6 F-35A costruiti direttamente per l’USAF. Tutti i velivoli in oggetto appartengono al lotto di produzione 14, per il quale l’US DoD e Lockheed Martin hanno fissato nell’ottobre 2019 un prezzo di 77,9 milioni di dollari ad aereo.
Gli F-35 turchi: trattenuti negli USA e poi messi a disposizione dell’Air Force
Ricordiamo che la Turchia aveva pianificato l’acquisto di 100 F-35A, ma un anno fa (a partire dal 31 luglio 2019) è stata sospesa dal programma per aver finalizzato l’acquisizione di sistemi di difesa aerea S-400 dalla Russia nonostante che gli Stati Uniti le avessero ripetutamente chiesto di rinunciare all’operazione, adducendo l’impossibilità di integrare il Triumf (denominazione russa dell’S-400) nella difesa aerea della NATO per motivi tecnici e per il rischio di trasmettere ai russi informazioni inerenti alle capacità “stealth” dell’F-35 e alla sicurezza dell’Alleanza. Al momento della sospensione, i primi Lightning II destinati alla Turchia erano già usciti dalla linea di produzione, e i suoi piloti e manutentori si stavano addestrando negli Stati Uniti insieme al personale americano delle basi aeree di Luke (Arizona) ed Eglin (Florida). Da allora, i suddetti aerei non sono mai stati consegnati ad Ankara, e il loro destino è stato oggetto di speculazioni.
Nel gennaio scorso, il sottosegretario della Difesa per le Acquisizioni, Ellen Lord, aveva dichiarato alla stampa che Stati Uniti e Turchia non avevano ancora raggiunto un accordo sul punto. Il National Defense Authorization Act (NDAA, la legge che autorizza il budget del Pentagono) relativo all’anno fiscale 2020 consente al DoD di spendere fino a 30 milioni di dollari per trasferire i primi 6 F-35 “turchi” in una località dove possano essere conservati fino a quando il Dipartimento non abbia elaborato un programma per il loro impiego. Il successivo NDAA FY21 (cioè relativo all’anno fiscale 2021), nella versione approntata al Senato e ancora da approvare, contiene un’ulteriore previsione che consentirebbe all’USAF di accettare, operare, o anche modificare i suddetti 6 F-35 destinati ad Ankara. In ogni caso, per gli 8 aerei di cui è stato annunciato l’acquisto il 20 luglio sono state utilizzate risorse appartenenti al budget per l’anno fiscale 2020.
E se gli Stati Uniti acquistassero gli S-400 turchi? Il precedente del 1997
Per inciso, nella bozza dell’NDDA FY21 è stato inserito anche un emendamento proposto dal senatore John Thune, vicecapogruppo della maggioranza repubblicana al Senato, che autorizzerebbe l’US Army ad acquistare gli S-400 russi venduti alla Turchia, consentendo a quest’ultima di rientrare nel programma F-35 dalla porta di servizio. Una mossa già adottata nel 1997, quando gli Stati Uniti acquistarono 21 MiG-29 moldavi (inclusi 14 MiG-29C predisposti al lancio di testate nucleari) per impedire che fosse l’Iran a portarseli a casa, ma che la Russia considererebbe illegale: secondo la portavoce del Servizio federale per la cooperazione tecnica militare della Russia, Maria Vorobiova, la Turchia non avrebbe il diritto di rivendere gli S-400 senza il consenso del Cremlino. Da parte sua, il capo delle industrie della difesa turche, Ismail Demir, ha promesso che il suo paese non rivelerà le informazioni sensibili in suo possesso riguardanti il sistema russo. Non si sa quale strada prenderà alla fine il governo turco, ma due dati fanno riflettere: l’attivazione operativa dei suoi S-400, che doveva avvenire in aprile, è stata rinviata, e l’esclusione dal programma F-35 rappresenta un colpo durissimo per l’industria della difesa locale e per l’economia turca in generale, che da esso si aspettava ritorni industriali stimati in 12 miliardi di dollari.
Le ricadute dell’espulsione di Ankara sulla produzione del Lightning II
La sospensione di Ankara dal programma F-35 non si sta ripercuotendo solo sul destino degli aerei destinati alla Turchia e sull’economia di quest’ultima, ma anche sulla produzione generale dell’aereo, in quanto al paese anatolico era stata assegnata la manifattura su licenza di specifiche componenti del caccia di quinta generazione. Come segnalato il 12 maggio da un rapporto del GAO (Government Accountability Office), l’organismo di controllo dei conti pubblici del Congresso degli Stati Uniti, la riassegnazione di tale compito ad altri fornitori, “nuovi del mestiere”, ha comportato ritardi nella fabbricazione delle suddette componenti, oltre alla possibilità che esse non siano della medesima qualità garantita dalle aziende turche, il che potrebbe sfociare in un aggravio dei costi di produzione dell’F-35, già aumentati nel corso del 2019 per altre ragioni.