I due moderni cacciatorpediniere portaelicotteri saranno modificati per operare gli F-35B a decollo corto e atterraggio verticale, consentendo alla Japan Maritime Self-Defense Force (JMSDF) di disporre della sua prima componente aerea imbarcata ad ala fissa dalla fine del secondo conflitto mondiale.
Nel mese di giugno, presso il cantiere di Japan Marine United (JMU) a Isogo (Yokohama), sono incominciati i lavori per la conversione del cacciatorpediniere portaelicotteri JS Izumo (DDH-183) della Japan Maritime Self-Defense Force (JMSDF) in una portaerei de facto, capace di supportare le operazioni di decollo corto e atterraggio verticale (STOVL) dei caccia di quinta generazione F-35B Lightning II, dei quali saranno acquistati 42 esemplari. Si tratta di una mossa storica, poiché consentirà alla Marina nipponica di disporre della sua prima componente aerea imbarcata ad ala fissa dalla fine della Seconda guerra mondiale. Secondo quanto riferito a fine giugno dalla rivista specializzata Jane’s, le modifiche necessarie alla conversione saranno effettuate in due fasi coincidenti con i periodi di fermo nave che si svolgono ogni cinque anni per i lavori di refit e revisione. In quest’ottica, la prima fase di modifiche, incominciata lo scorso giugno, sarà seguita da una seconda fase nell’anno fiscale 2025, dopodiché si dovrebbe procedere con le campagne di test e le prove in mare.
Gli Izumo come tappa intermedia verso le “supercarrier” giapponesi?
Le due unità classe Izumo, lunghe 248 metri e con dislocamento a pieno carico di 24.000 tonnellate, sono entrate in servizio con la qualifica di cacciatorpediniere portaelicotteri, ma parzialmente predisposte fin dal progetto per il futuro imbarco dell’F-35B: alcune loro parti (ad esempio hangar, elevatori e ponte di volo) sono state infatti concepite per sopportare il maggior peso del Lightning II. Tuttavia, ulteriori modifiche sono necessarie per completare la transizione, come un rinforzo aggiuntivo al ponte di volo, il posizionamento di nuove luci di guida sullo stesso e la realizzazione di “deck spot” resistenti al calore per consentire gli atterraggi verticali. Non è ancora chiaro, invece, se verrà installato lo “ski jump” (trampolino) per consentire il decollo corto.
L’imbarco dell’F-35B sull’Izumo, e successivamente sull’unità gemella JS Kaga, rappresenta di per sé un incremento di capacità strategico per la JMSDF nell’ottica di un possibile confronto con la Cina per le isole contese nel Mar Cinese Orientale, come le Diaoyu/Senkaku, anche in considerazione della bassissima segnatura radar che caratterizza il caccia di Lockheed Martin e del fatto che la sua variante B è progettata per decollare anche da piste improvvisate sulla terraferma. Detto ciò, secondo molti analisti la conversione dell’Izumo potrebbe rappresentare per il Giappone una tappa intermedia verso la realizzazione di portaerei “native”, più grandi e capaci, in grado di lanciare aerei a decollo e atterraggio convenzionali come il futuro jet giapponese di sesta generazione e l’F-35C. Questo ulteriore passo sarebbe necessario anche per bilanciare la costruzione delle “supercarrier” cinesi, che sono accreditate di un dislocamento di circa 85.000 tonnellate e saranno equipaggiate con catapulte elettromagnetiche per il lancio dei velivoli imbarcati.
Le limitazioni imposte dall’art. 9 della Costituzione nipponica
L’approdo finale alle super-portaerei giapponesi pare tuttavia subordinato alla revisione dell’art. 9 della Costituzione nipponica, imposto dai vincitori della Seconda guerra mondiale, che vieta a Tokyo di acquisire piattaforme militari con capacità offensive. Tale limitazione spiega perché le unità della classe Izumo abbiano ricevuto la qualifica iniziale di cacciatorpediniere portaelicotteri con funzioni di lotta antisommergibile e di supporto alle operazioni di soccorso umanitario, nonché il fatto che gli F-35B entreranno in linea con la Japan Air Self Defense Force (JASDF), l’Aeronautica, anziché con la Marina. Espedienti formali volti ad aggirare un vincolo anacronistico e penalizzante per le attuali esigenze di difesa del Giappone, chiamato a fronteggiare le minacce provenienti dalla Cina e dalla Corea del Nord. Per questa ragione il premier Shinzo Abe dichiara da anni di voler emendare l’art. 9 della Costituzione, il che ha suscitato un acceso dibattito politico e le proteste dei movimenti pacifisti locali.