Il Government Accountability Office del Congresso americano ha rilevato un aumento dei costi di produzione del Block 4 pari a 1,5 miliardi di dollari nel 2019, dovuti ai ritardi nelle forniture delle parti da assemblare e alle inefficienze delle catene di montaggio. Un problema che potrebbe peggiorare con l’assegnazione ad altri produttori degli ordini revocati ad Ankara per la vicenda degli S-400. E Trump sbotta: “Dovremmo fare tutto negli USA!”
I costi di produzione degli F-35 del Block 4 sono lievitati fino a 12,1 miliardi di dollari, con un incremento di 1,5 miliardi nel 2019, a causa delle lentezze della catena di approvvigionamento delle parti da assemblare e delle pratiche inefficienti adottate dalle catene di montaggio. Come se non bastasse, il problema sarà probabilmente aggravato dall’esclusione della Turchia dal programma, decretata dall’amministrazione Trump a seguito dell’acquisizione da parte di Ankara dei sistemi di difesa aerea russi S-400, che ha costretto ad affidare ad altri fornitori le parti già di competenza delle aziende turche. L’allarme è stato lanciato dal GAO (Government Accountability Office), l’organismo di controllo dei conti pubblici del Congresso statunitense, in un rapporto pubblicato il 12 maggio.
La riconfigurazione della catena di montaggio per ovviare ai ritardi
Nel documento si legge, infatti, che tra agosto 2017 e luglio 2019 il numero di parti consegnate in ritardo è aumentato da meno di 2.000 a oltre 10.000; inoltre, i contractor del programma avrebbero riferito al Governo che circa il 60 percento della carenza di parti da assemblare è attribuibile a 20 fornitori.
“Per mitigare il problema delle consegne tardive e delle carenze di parti, e in questo modo consegnare più aeromobili nei tempi prefissati, l’azienda responsabile della cellula [Lockheed Martin, ndr.] ha utilizzato metodi come la riconfigurazione della catena di montaggio e lo spostamento del lavoro pianificato tra diverse stazioni lungo la stessa”, ha affermato GAO. “Secondo l’ufficio del programma [JSF PEO – Program Executive Office, ndr.], tali misure possono rendere la produzione meno efficiente; il che, a sua volta, può aumentare il numero di ore di lavoro necessarie per costruire ogni aereo”, con conseguente aumento dei costi.
“Gli aerei già consegnati non soddisfano gli obiettivi di affidabilità e manutenibilità del programma”
Nel rapporto è contenuto un altro importante rilievo: il programma Joint Strike Fighter “non adotta le migliori prassi produttive identificate dal GAO. In particolare, solo circa 3.000 degli oltre 10.000 processi di produzione chiave del contractor responsabile della cellula sono conformi agli standard di design prestabiliti per garantire la qualità del prodotto. Inoltre, gli aeromobili già consegnati, oltre 500 fino ad ora, non soddisfano gli obiettivi di affidabilità e manutenibilità del programma. Sebbene il contractor stia modificando i processi di produzione per risolvere i problemi e migliorare l’efficienza, resta ancora molto da fare. A meno che l’ufficio del programmanon valuti i rischi del mancato rispetto delle suddette prassi, le forze armate e i partner internazionali rischiano di non ricevere l’aereo di qualità che avevano acquistato.”
I problemi posti dai nuovi fornitori
Il problema generalizzato dei ritardi nell’approvvigionamento delle parti sarà aggravato dal progressivo trasferimento ad altri paesi della partecipazione industriale originariamente assegnata alla Turchia che, lo ricordiamo, aveva partecipato anche allo sviluppo dell’F-35. “Il programma ha identificato nuove fonti per 1.005 parti prodotte da fornitori turchi”, ha rilevato l’audit del GAO, “ma attualmente 15 componenti chiave non sono fabbricate al ritmo necessario.”
In particolare, “secondo i funzionari incaricati del programma, alcuni dei nuovi fornitori non produrranno alla velocità richiesta fino al prossimo anno, poiché circa il 10 percento di loro è nuovo nel programma F-35”. A tale proposito, “i rappresentanti dei contractor per la cellula hanno dichiarato che ci vorrà più di un anno per far fronte a questi nuovi fornitori, con tempi di consegna dipendenti da diversi fattori quali la complessità delle parti, la quantità, la maturità delle capacità di produzione del fornitore. Inoltre, questi nuovi fornitori sono tenuti a superare le qualifiche e i test per garantire l’integrità del design delle loro parti.”
Come se non bastasse tutto ciò, ad oggi non si può escludere che le parti realizzate dai nuovi fornitori saranno più costose di quelle turche.
L’improbabile F-35 “All American” sognato dal presidente Trump
Sui problemi della catena di approvvigionamento internazionale dell’F-35 si è espresso anche, con i consueti toni trancianti, il presidente Trump. Nell’ambito di un’intervista rilasciata il 14 maggio all’emittente Fox News, il capo della Casa Bianca ha citato il programma JSF come esempio della “stupidità che ho visto” nella gestione del commercio internazionale da parte degli Stati Uniti. “È un ottimo jet e ne produciamo parti in tutto il mondo. Li facciamo in Turchia, li facciamo qui, li faremo lì. Tutto perché il presidente Obama e altri hanno pensato che fosse una cosa meravigliosa. Il problema è che se abbiamo un problema con un Paese, non possiamo realizzare il jet. Riceviamo parti da tutto il luogo. È così folle. Dovremmo fare tutto negli Stati Uniti.”
Alla domanda dell’intervistatrice se ciò fosse possibile, Trump ha risposto di sì: “Lo stiamo facendo, perché sto cambiando tutte quelle politiche”. Il presidente è poi scivolato sulla consueta buccia di banana, affermando che la sezione centrale delle fusoliera dell’F-35 è prodotta in Turchia e che, dunque, se i rapporti degli Stati Uniti con quel paese dovessero precipitare, Ankara potrebbe rifiutarsi di fornire agli americani una parte fondamentale dell’aereo. Peccato che quella sezione è prodotta negli Stati Uniti da Northrop Grumman…
Svarione a parte, l’idea di un F-35 “All American” è contraria agli obiettivi originari del Joint Strike Fighter, e nemmeno si capisce per quale motivo i partner esteri nel programma dovrebbero acquistare il velivolo senza partecipazioni industriali, soprattutto quelli che hanno co-finanziato lo sviluppo dell’aereo.