È stato presentato lo Studio 2020, che analizza i piani di investimento delle aziende energetiche in Italia fino al 2030 e i potenziali effetti sociali, ambientali ed economici dello sviluppo in questo settore per i Paesi che si affacciano sul Mediterranea, anche nell’ottica della ripresa post Coronavirus.
Lo scorso 28 aprile Confindustria Energia ha pubblicato lo studio “Infrastrutture energetiche per l’Italia e il Mediterraneo” in collaborazione con le sue Associazioni (Anigas, Assogasliquidi, Assomineraria, Elettricità Futura, Igas Imprese Gas e Unione Petrolifera), le società Snam e Terna e l’Osservatorio Mediterraneo dell’Energia (OME), con il supporto analitico di Pwc Strategy&. Si tratta di un piano che prevede la semplificazione dei procedimenti autorizzativi e 110 miliardi di euro di investimenti in Italia tra il 2018 e il 2030 indirizzati verso le infrastrutture energetiche primarie, che ci si aspetta avrà effetti postivi sul PIL, sull’occupazione e dal punto di vista ambientale, oltre a dare una spinta all’economia circolare, il tutto nel rispetto delle linee guida del Piano nazionale Energia e Clima (PNIEC) e degli obiettivi del “Green Deal” europeo.
In merito alla presentazione del Piano, il presidente di Confindustria Energia, Giuseppe Ricci, ha sostenuto: “Nella difficile situazione economica causata dall’emergenza sanitaria, gli investimenti in infrastrutture energetiche rappresentano per l’Italia un’opportunità per la ripresa economica post Covid-19, uno strumento essenziale per il raggiungimento degli obiettivi del PNIEC e del Green Deal Europeo e un modello di sostenibilità per lo sviluppo nella Regione del Mediterraneo”. Ricci ha poi aggiunto che “sarà necessario sostenere il processo di crescita e di riconversione della filiera energetica, accelerando lo sviluppo e la trasformazione degli asset, adeguando progressivamente la capacità ai consumi reali, per assicurare la sicurezza degli approvvigionamenti e la stabilità del sistema, a sostegno di un modello economico competitivo, circolare e sostenibile. Un quadro di regole certo e iter autorizzativi semplificati e accelerati sono le condizioni alla base di tale processo”.
Contenuti dello Studio 2020
“Infrastrutture energetiche per l’Italia e per il Mediterraneo” studia i piani di investimento delle aziende energetiche in infrastrutture primarie fino al 2030, analizzando quelli che potrebbero essere gli effetti sociali, ambientali, nonché gli effetti sull’economia circolare e sul ruolo che l’industria italiana svolge nel sistema energetico mediterraneo.
Tra i punti cardine del suddetto Piano troviamo l’importante ruolo che l’Italia sta svolgendo nell’ambito del Green Deal europeo grazie al superamento degli obiettivi energetici nel 2020, nonché 110 miliardi di euro di investimenti nelle infrastrutture primarie, la semplificazione dei procedimenti autorizzativi, l’economia circolare e la cooperazione energetica con i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Più nello specifico, lo studio esamina in primo luogo sia i consuntivi per il periodo 2018-2019 che riguardano lo stato dei programmi di investimento, sia le previsioni per il decennio 2020-2030 sulla base degli obiettivi del PNIEC. La somma dei consuntivi e delle previsioni dà un valore globale di 110 miliardi di investimenti, pari a un incremento del 14,6% rispetto allo Studio 2018, con alcune variazioni significative: quanto alle fonti rinnovabili, ad esempio, la crescita è stimata intorno al 30% per gli impianti eolici e solari, e per le bioenergie e il biometano, a differenza del settore idrocarburi che vede una riduzione del 25% causata dai provvedimenti del Governo, il quale limiterà in futuro le attività del settore oil&gas, ma anche dal crollo della domanda di greggio a cui si sta assistendo come conseguenza della diffusione del CoVid-19. Questi investimenti avranno un effetto positivo sul PIL (+0,8%) nel decennio 2020-2030.
In secondo luogo, la ricaduta positiva sull’economia sarà possibile solo se ci saranno dei procedimenti autorizzativi adeguati e semplificati, nonché attuando il procedimento di dismissione delle centrali a carbone entro il 2025. Saranno quindi necessari l’improrogabilità dei termini temporali e la maggiore coerenza dei riferimenti normativi nazionali, che porteranno all’accelerazione dei procedimenti amministrativi e al rafforzamento delle commissioni VIA (Valutazione Impatto Ambientale) e VAS (Valutazione Ambientale Strategica). Il lavoro sarà coordinato dall’Osservatorio PNIEC.
Il terzo punto fondamentale del Piano è l’economia circolare, che Italia e Unione Europea considerano come il fattore di congiunzione fra industria e ambiente, la quale porterà all’accrescimento di investimenti per la sostenibilità. Si prevede, quindi, il passaggio verso un sistema economico che si auto-rigenera, in cui le risorse (materie prime, energia e acqua), i prodotti e ogni tipo di bene saranno valorizzati con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale, diminuire i costi di produzione, rendere sicuro l’approvvigionamento e garantire la competitività. Le parole chiave dell’economia circolare sono quindi riuso/riciclo, riduzione, estensione della vita utile e condivisione.
Green Deal & PNIEC
La consapevolezza che la lotta ai cambiamenti climatici sia necessaria è stata sancita dall’Accordo di Parigi stipulato nel 2015 dalla comunità internazionale. Ora l’obiettivo “energetico” principale dei paesi europei per i prossimi anni è sicuramente la trasformazione dell’economia in “carbon neutral”, che ha come punto di riferimento la sostenibilità. A questo proposito, la nuova Commissione Europea ha implementato la strategia ambientale della sua agenda (European Green Deal) imponendosi come obiettivo la neutralità carbonica entro il 2050, con l’obiettivo di diventare leader mondiale della lotta al surriscaldamento globale.
Il Green Deal europeo, presentato nel dicembre 2019, non è altro che il piano attraverso cui l’UE affronterà i temi dell’ambiente e del clima nel lungo periodo. La Commissione Europea, infatti, ha approntato un piano per gli investimenti pubblici e privati tra il 2021 e il 2030 volto al raggiungimento della neutralità carbonica per il 2050; inoltre promuove una strategia di sviluppo “green” dell’economia che sia efficace dal punto di vista economico e sociale. Per arrivare all’obiettivo finale, le istituzioni europee dovranno raggiungere tre livelli attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie e l’investimento in infrastrutture energetiche moderne:
1) maggior utilizzo di fonti rinnovabili e innalzamento del livello di efficienza energetica;
2) approvvigionamento energetico a prezzi competitivi;
3) mercato dell’energia integrato, interconnesso e digitalizzato.
Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) è stato trasmesso alla Commissione Europea lo scorso gennaio in attuazione del Regolamento (UE) 2018/1999. Il PNIEC prevede decarbonizzazione, efficienza, sicurezza energetica, sviluppo del mercato interno dell’energia, ricerca, innovazione e competitività, i quali tutti dovranno essere integrati fra loro. L’Italia ha inoltre una posizione strategica protesa nel Mediterraneo, pertanto questo progetto a lungo termine apre ad altre opportunità oltreconfine grazie alla sempre maggiore interconnessione fra i mercati, i cui effetti sarebbero positivi non solo per l’economia italiana, ma anche per quella europea. In aggiunta, si porterebbe stabilità e maggiore sviluppo nei Paesi della regione.
La cooperazione energetica nel Mediterraneo
Un ultimo punto fondamentale per il Piano di investimenti annunciato è sicuramente quello che riguarda la cooperazione energetica nel Mediterraneo, la quale, come si è appena detto, risulta fondamentale sia per l’Italia che per l’Europa, entrambe dipendenti dal mercato energetico globale a causa della scarsità delle loro risorse primarie. In questo senso l’Italia, grazie alla sua posizione, potrebbe diventare l’attore principale del mercato energetico della regione, promuovendone l’integrazione con quello europeo, sostenendo una sempre maggiore cooperazione in ambito tecnologico e la condivisione del know-how, diventando fautrice dello sviluppo sostenibile della regione.
Nello specifico, l’area del Mediterraneo detiene il 4% delle riserve mondiali di petrolio, il 5% delle riserve totali di gas naturale e il 3% delle riserve globali di carbone.
L’Osservatorio Mediterraneo dell’Energia (OME), che ha collaborato allo Studio 2020, ha delineato due possibili scenari di sviluppo della domanda energetica nel Mediterraneo: 1) un Reference Scenario (RS), ovvero uno scenario di riferimento che considera i trend passati, le politiche attuali e i progetti in corso, molto più cauto riguardo all’implementazione delle nuove misure; 2) un Proactive Scenario (PS), ovvero uno scenario proattivo, che si basa invece sull’attuazione di programmi di efficienza energetica e sull’aumento della diversificazione del mix energetico.
Nella regione mediterranea, l’utilizzo di energia rinnovabile è stato scarso fino ai primi anni 2000, per poi ottenere un considerevole aumento dal 2010 in poi. In ogni caso, sia RS che PS prospettano un grande sviluppo delle energie rinnovabili nella regione, che si affiancheranno all’utilizzo del gas (del quale paesi come Algeria, Libia, Egitto, Cipro e Israele sono grandi esportatori) in vista della progressiva decarbonizzazione. In effetti, si prevede che la produzione ed esportazione di gas naturale dell’area meridionale aumenterà in modo esponenziale (recenti sono le scoperte dei giacimenti Zohr, Great Nooros Area, Leviathan e Aphrodite) e sostituirà così l’utilizzo del petrolio per la generazione elettrica. Anche dal punto di vista del sistema elettrico, lo sviluppo di interconnessioni tra le reti nazionali avanza sempre di più.
Stabilità, sviluppo sostenibile e decarbonizzazione risultano quindi gli obiettivi principali a cui l’Italia e l’Europa in generale devono lavorare, e che oggi vengono visti non più solo come opportunità economica, ma come necessità.
In definitiva, il Piano sviluppato da Confindustria Energia, pur non prendendo in considerazione gli effetti della pandemia di Coronavirus, poiché sviluppato fra ottobre 2019 e marzo 2020, rappresenta un trampolino per la ripartenza economica, puntando e ricominciando proprio dall’energia.