Il Pentagono ha lanciato un programma che punta a sfruttare le emissioni termiche ambientali per consentire ai droni terrestri di “vedere” al buio senza emettere segnali radar, laser o luminosi attraverso i quali possano essere rilevati dal nemico.
I sistemi autonomi e semi-autonomi necessitano di un’illuminazione attiva per navigare di notte o sottoterra. L’accensione di fari visibili o di qualche altro sistema di emissione come il LIDAR (Light Detection and Ranging, la tecnica di telerilevamento che utilizza un impulso laser per determinare la distanza di un oggetto o di una superficie) presenta tuttavia un significativo svantaggio: consente agli avversari di rilevare la presenza di un veicolo, in alcuni casi da lunghe distanze. Per eliminare questa vulnerabilità, la DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), l’agenzia del Pentagono che sviluppa nuove tecnologie per l’impiego militare, ha recentemente annunciato il programma “Invisible Headlights” (“Fanali invisibili”), il cui fondamentale obiettivo è scoprire e quantificare le informazioni contenute nelle emissioni termiche in un’ampia varietà di ambienti, in modo da creare nuovi sensori e algoritmi 3D passivi per sfruttare tali informazioni.
“Un approccio potenzialmente trasformativo”
“Puntiamo a rendere possibile la navigazione completamente passiva in condizioni di buio intenso”, ha dichiarato Joe Altepeter, responsabile del programma presso il Defense Sciences Office della DARPA. “Nelle profondità di una grotta o nell’oscurità di una notte senza luna e senza stelle con nebbia fitta, gli attuali sistemi autonomi non possono comprendere l’ambiente [in cui si muovono] senza emettere alcun segnale, che si tratti di un impulso laser o radar, oppure di un raggio di luce visibile, tutte cose che vogliamo evitare. Se una soluzione comporta l’emissione di un segnale, non è invisibile secondo gli scopi di questo programma.”
L’approccio del nuovo programma “è potenzialmente trasformativo, perché i sensori a infrarossi convenzionali non riescono a raccogliere quasi tutte le informazioni disponibili dalle emissioni termiche ambientali. Invisible Headlights, invece, punta a creare sensori superiori che catturino una quantità maggiore di queste informazioni tramite algoritmi migliorati e una maggiore diversità di misurazione.”
Ottenere una picture più complessa dell’ambiente circostante
Dal momento che ogni cosa, animata o inanimata che sia, emana energia termica, l’obiettivo della DARPA è scoprire quali informazioni possano essere catturate anche da una quantità estremamente piccola di radiazione termica e, di conseguenza, sviluppare nuovi algoritmi e sensori passivi per trasformare tali informazioni in una picture 3D utile per la navigazione, ma più complessa di quelle ottenibili con il LIDAR e altre tecniche di illuminazione “attiva”, e a colori anziché in bianco e nero.
Le tre fasi del programma “Invisible Headlights”
Il programma prevede tre fasi: 1) “Scoperta”, il cui lo scopo è determinare se le emissioni termiche contengano informazioni sufficienti per consentire la guida autonoma di notte o sottoterra; 2) “Ottimizzazione”, con l’obiettivo di perfezionare modelli e progetti sperimentali e garantire la fattibilità del sistema, al fine di ottenere la rappresentazione in 3D sia a bassa velocità (inferiore a 25 miglia orarie, cioè a 40 km/h) che ad alta velocità (superiore a 40 km/h); e 3) “Prototipi avanzati”, durante la quale dovranno essere costruiti e testati dimostratori di sensori passivi che possano competere con i sensori attivi, cioè che emettono segnali.
Le ricadute sulle applicazioni che sfruttano la luce a infrarossi
“Se avremo successo, la capacità Invisible Headlights potrebbe estendere la gamma degli ambienti e delle tipologie di missione in cui i sistemi autonomi possono operare, di notte, sottoterra, nell’Artico e con la nebbia”, ha concluso Altepeter. “La comprensione di quali informazioni siano disponibili nelle emissioni termiche ambientali potrebbe portare a progressi in altre aree, come il rilevamento chimico, i sistemi di visione multispettrali e altre applicazioni che sfruttano la luce a infrarossi.”