Libia: la NOC conferma perdite per 4 miliardi di dollari

Apr 09 2020
Benedetta Pellegrino
A causa del blocco dei terminal petroliferi e dei porti imposto dalle forze del generale Haftar, la produzione di greggio nel Paese nordafricano è precipitata ai livelli più bassi dalla caduta di Gheddafi nel 2011. Una crisi a cui si aggiungono gli effetti della diffusione del CoVid-19 e delle divisioni interne all’OPEC.
La chiusura della raffineria di Zawiya sta causando ulteriori perdite finanziarie. (Account Twitter Noc)

Libia Noc 4 miliardi

Libia Noc 4 miliardi

Libia Noc 4 miliardi
La chiusura della raffineria di Zawiya sta causando ulteriori perdite finanziarie. (Account Twitter della National oil corporation)

La National Oil Corporation (NOC) libica ha annunciato il 7 aprile che le perdite finanziarie causate dal blocco della produzione di greggio in Libia, in atto fin dal 18 gennaio, ammontano a 4 miliardi di dollari. “Questo significa che l’economia libica e le riserve finanziarie sono ogni giorno in costante declino a causa della chiusura illegale degli impianti petroliferi”, hanno dichiarato i vertici della compagnia.

Nei giorni scorsi, i combattimenti tra le forze del Governo di Accordo Nazionale (GNA) guidato da Fayez al-Serraj e l’Esercito Nazionale Libico (LNA) del generale Khalifa Haftar hanno causato lo scoppio di un serbatoio di carburante vicino al vecchio aeroporto di Tripoli, zona teatro degli scontri. L’episodio ha costretto la Brega Oil Marketing Company, controllata dalla NOC, a trasferire le scorte dal magazzino a sud di Tripoli in un luogo sicuro, ma lo spostamento mette a serio rischio sia la capacità di stoccaggio, sia le riserve di carburante per i prossimi mesi. Un problema non da poco, visto che il blocco dei terminal petroliferi e dei porti operato dalle forze del generale Haftar, che ha portato allo stop alla produzione di petrolio, ha causato anche una grave carenza di carburante nel paese nordafricano.

Il blocco petrolifero in Libia

Nei giorni precedenti alla Conferenza di Berlino del 19 gennaio, in cui si chiedeva la fine delle interferenze straniere nel conflitto libico, il rispetto dell’embargo sulle armi, riforme economiche, un nuovo sistema di tutela dei diritti umani e la ripresa di un processo di pace, le forze tribali pro-Haftar hanno bloccato i principali pozzi di greggio, accusando la NOC (che ha sede a Tripoli e di cui il generale della Cirenaica chiedeva il decentramento a Tobruk) di utilizzare le rendite petrolifere per supportare il governo tripolino di al-Serraj.

In seguito a tale blocco il comando generale del LNA e la Guardia delle strutture petrolifere delle regioni centrali e orientali hanno dato istruzioni ai management della Sirte Oil Company, Harouge Oil Operations, Waha Oil Company, Zueitina Oil Company e Arab Gulf Oil Company (AGOGO), tutte sussidiarie della NOC, di interrompere le esportazioni di petrolio dai porti di Brega, Ras Lanuf, Hariga, Zueitina e Sidra. Già allora (18 gennaio) la NOC aveva previsto perdite di produzione di circa 800 mila barili al giorno e perdite finanziarie da 55 milioni di dollari al giorno.

Sede della  National oil corporation (Libyan Express)
Sede della National oil corporation (Libyan Express)
La Libia e lo stallo OPEC

La Libia, membro dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC), è il paese africano più importante per riserve di carburante, stimate sui 48 miliardi di barili. A questo proposito ha stilato delle previsioni per il mese di aprile, che potrebbe essere il peggiore per il mercato dell’oro nero: l’output libico ha subito un crollo nel giro di poche settimane da 1,2 milioni di barili al giorno a poco meno di 100 mila barili, a cui si aggiungono le conseguenze della diffusione del CoVid-19, per cui l’OPEC non è riuscita a contrastare attraverso una strategia concordata per risollevare i prezzi del petrolio, attualmente in picchiata. Proprio la guerra dei prezzi fra i principali produttori risulta molto complessa, con l’emergere della concorrenza per le quote di produzione.

Cosa riserva il prossimo futuro

Dalla caduta di Muammar Gheddafi, nell’ottobre del 2011, il comparto petrolifero rappresenta la fonte principale per le entrate finanziarie della Libia, e l’attuale pandemia, insieme al blocco petrolifero, costituisce un ulteriore aggravamento della situazione generale del paese, già destabilizzato a livello politico. Dato il declino della domanda di greggio causato dalla diffusione del Coronavirus, molti paesi produttori hanno accolto la crisi petrolifera libica come una temporanea “benedizione” per i prezzi: infatti, una maggiore produzione li avrebbe influenzati ancor più al ribasso.

Intanto il capo della NOC, Mustafa Sanallah, ha chiesto più volte la ripresa delle esportazioni di petrolio e l’apertura dei campi petroliferi chiusi, sottolineando come questa misura incoraggerà le compagnie straniere a investire in Libia. Ma una soluzione politica sembra lontana, e le forniture libiche potrebbero rimanere ancora bloccate, anche perché una ripresa delle esportazioni aggiungerebbe un ulteriore eccesso al mercato internazionale.

In attesa degli incontri dei prossimi giorni (G20 e OPEC+), durante i quali si spera che venga trovata una strategia comune per il futuro del mercato dell’oro nero, il CEO dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), Fateh Birol, ha invitato i produttori ad agire razionalmente, in particolare dopo il mancato accordo in seno all’OPEC. Birol ha affermato che il calo dei prezzi del petrolio metterà molti dei principali paesi produttori di greggio sotto un’enorme pressione finanziaria e causerà tensioni sociali. Tuttavia, l’agenzia ha affermato che dopo lo shock della domanda nel 2020, il consumo di petrolio dovrebbe riprendersi fortemente, con un aumento di 2,1 milioni di barili al giorno nel 2021.

Chiusura dei pozzi petroliferi. (National oil corporation website)
Chiusura dei pozzi petroliferi. (National oil corporation website)

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