L’Esercito statunitense sta sviluppando una tecnologia rivoluzionaria che combina la visione all’infrarosso con le tecniche di apprendimento automatico e l’intelligenza artificiale per consentire ai soldati di individuare automaticamente “persone di interesse” da centinaia di metri e in condizioni di buio assoluto.
Presso l’U.S. Army Research Laboratory (subordinato al Combat Capabilities Development Command), gli scienziati sono al lavoro per portare la tecnologia del riconoscimento facciale nel futuro, affinché diventi possibile identificare l’aspetto delle persone anche al buio. E i test sperimentali sono già incominciati. Come ha spiegato la dott.ssa Sean Hu, responsabile del team dell’Intelligent Perception Branch dell’U.S. Army Research Laboratory (ARL), questa tecnologia all’avanguardia utilizza l’intelligenza artificiale, le tecniche di apprendimento automatico e le più moderne telecamere all’infrarosso per identificare i lineamenti del volto utilizzando le impronte termiche dei tessuti della pelle viva, in qualsiasi momento della giornata, quindi anche al buio.
L’AI produce versioni fotorealistiche delle immagini termiche e mappa le caratteristiche chiave del volto osservato
Presso l’ARL, la dott.ssa Hu e un team di scienziati che lavorano in collaborazione con l’industria, il mondo accademico e altre organizzazioni del Dipartimento della Difesa statunitense hanno sviluppato l’algoritmo iniziale per portare i dati di cui sopra sulle piattaforme software e hardware integrate che un giorno saranno messe a disposizione dei soldati. La nuova tecnologia, in via di sviluppo da quasi cinque anni, utilizza la termografia per rilevare le onde elettromagnetiche necessarie a riconoscere le impronte termiche dei tessuti della pelle. Dopodiché, l’intelligenza artificiale viene applicata alle immagini termiche sfocate per aumentarne la qualità e fornirne una versione fotorealistica, nonché per mappare le caratteristiche chiave del volto osservato. Sempre l’intelligenza artificiale viene poi utilizzata per confrontare le immagini così ricavate con quelle segnaletiche di una banca dati esistente.
Al momento, l’algoritmo utilizzato ha una precisione del 90% circa
Combinando la capacità di visione notturna con il riconoscimento facciale, ha dichiarato Hu, le truppe operanti in condizioni di scarsa illuminazione, o persino di buio assoluto, potranno individuare automaticamente “persone di interesse” dalla distanza di alcune centinaia di metri.
Una volta scattata un’immagine all’infrarosso, la tecnologia termica ne effettuerà automaticamente un confronto incrociato con quelle salvate in database biometrici e in “liste nere”, aiutando i soldati a prendere decisioni più rapide, sicure e intelligenti sul campo di battaglia. Al momento, l’algoritmo utilizzato per abbinare le immagini termiche a quelle contenute nei database ha una precisione del 90% circa, ha proseguito Hu, ma ulteriori ricerche sulle applicazioni ne miglioreranno l’accuratezza.
I primi test sul campo in programma entro i prossimi due anni
La tecnologia di riconoscimento facciale e le immagini termiche non sono una novità per gli eserciti moderni, ma è la loro combinazione a essere rivoluzionaria. La visione all’infrarosso è disponibile comunemente nelle telecamere indossate dai soldati, nonché sulle piattaforme aeree e terrestri. Quanto al riconoscimento facciale, sul campo di battaglia viene utilizzato un software convenzionale, generalmente in ambienti ben illuminati e con l’utilizzo di normali videocamere.
“Di notte e in condizioni di scarsa illuminazione non c’è abbastanza luce per catturare immagini facciali senza ricorrere all’illuminazione artificiale, come un flash o un riflettore, così compromettendo la sicurezza del soldato o rivelando la sua posizione ai nemici”, ha spiegato la dott.ssa Hu.
Le potenziali applicazioni per la “protezione della forza” e la sorveglianza sono quelle che motivano questa ricerca. “Stiamo cercando di aiutare i soldati a identificare le persone di interesse per agevolare le operazioni sia tattiche, sia strategiche”, ha concluso Hu. Per adesso, l’U.S. Army Research Laboratory e i suoi partner hanno in programma di continuare a far “maturare” gli algoritmi e a sviluppare prototipi in vista dei test sperimentali e di quelli sul campo in ambienti operativi che dovrebbero svolgersi entro i prossimi due anni.