Libia: il momento della verità

Gen 03 2020
Angelo Pinti
Il Parlamento turco ha autorizzato il presidente Erdogan a inviare truppe di terra per difendere Tripoli dall’assalto finale del generale Haftar e dei suoi alleati internazionali. Una mossa che può compromettere le possibilità di una soluzione politica della crisi, ma anche aprire uno spiraglio diplomatico sull’asse Mosca-Ankara.
Da sinistra, il leader del Governo di Accordo Nazionale libico, Fayez al-Serraj, e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, firmatari lo scorso 27 novembre di un accordo di cooperazione militare che prevede l'invio di truppe turche in Libia per contribuire alla difesa di Tripoli dall’offensiva del generale Haftar.

Libia Erdogan invia truppe

Libia Erdogan invia truppe
Da sinistra, il leader del Governo di Accordo Nazionale libico, Fayez al-Serraj, e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, firmatari lo scorso 27 novembre di un accordo di cooperazione militare che prevede l’invio di truppe turche in Libia per contribuire alla difesa di Tripoli dall’offensiva del generale Haftar.

La crisi libica è entrata nella fase decisiva. Nel pomeriggio di ieri, 2 gennaio, il parlamento turco riunito in seduta straordinaria ha approvato la mozione dell’Akp, il partito del presidente Recep Tayyip Erdogan, che autorizza per un anno l’invio di truppe in Libia a sostegno del Governo di Accordo Nazionale (GAN) – guidato da Fayez al-Serraj e riconosciuto dall’ONU – contro l’offensiva delle forze del generale Khalifa Haftar che mirano a conquistare Tripoli. Il provvedimento si basa sulla richiesta di supporto militare presentata formalmente dal GAN ad Ankara lo scorso 26 dicembre “contro ciò che minaccia l’unità e la stabilità della Libia”, e che è stata accolta con la seguente motivazione: “Se gli attacchi del cosiddetto Esercito Nazionale Libico non dovessero essere fermati e se gli scontri si trasformassero in una massiccia guerra civile, gli interessi della Turchia sarebbero influenzati negativamente sia nel bacino del Mediterraneo che nel Nord Africa”.

Lo sviluppo era prevedibile sin dalla firma, avvenuta lo scorso 27 novembre, di un accordo di cooperazione militare fra il GAN e il governo turco che impegnava quest’ultimo a inviare truppe di terra per difendere la capitale libica nel caso di un’esplicita richiesta in tal senso da parte dell’esecutivo tripolino. Oltre a questa intesa, le parti ne avevano siglato un’altra, di grande importanza economica, che concede ad Ankara la possibilità di condurre prospezioni ed estrazioni di gas e petrolio in una vasta area marittima cha va dalla costa libica di Derna e Tobruk a quella turca di Bodrum e Marmara, mettendo a rischio (fra molti altri interessi) anche le prospezioni off-shore dell’ENI nelle acque di Cipro.

Il dispiegamento di milizie siriane turcomanne anticipa l’eventuale invio di truppe regolari turche

Con riguardo alla battaglia per Tripoli, la decisione del Parlamento di Ankara di autorizzare Erdogan a inviare soldati turchi per affiancare le forze del GAN non annuncia una guerra immediata, difficile da immaginare anche per la presenza, sul fronte opposto, di circa 800 mercenari russi del Wagner Group manovrati dai servizi segreti del Cremlino, ma rappresenta un forte deterrente nei confronti del generale Haftar, le cui forze (supportate alla luce del sole, ancorché in violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto, e in modo più surrettizio da Russia e Francia) tra la fine di dicembre e i primi di gennaio sono avanzate dal quartiere meridionale di Salhaddin verso il centro della capitale libica.

Nel momento in cui scriviamo, non esistono cifre ufficiali riguardo al numero di soldati turchi che potrebbero essere inviati sul fronte tripolino. Recentemente, Erdogan aveva accennato ad almeno 5.000 regolari, ma il loro dispiegamento non avverrà subito, se mai dovesse aver luogo, in quanto sarà preceduto da quello di combattenti delle milizie siriane turcomanne già cooptate da Ankara per le operazioni contro i curdi nel nord-est della Siria. Si parla in proposito di 1.600 uomini al massimo: di questi, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, circa 300 sarebbero già stati inviati a Tripoli alla fine di dicembre, mentre i restanti sarebbero stati concentrati in campi di addestramento turchi in attesa di partire per la Libia.

Il generale Khalifa Haftar con il suo stato maggiore. Ai primi di gennaio le forze dell’Esercito Nazionale Libico, fedele al governo non riconosciuto di Tobruk, sono avanzate fino a pochi chilometri dal centro di Tripoli. (Camera dei Rappresentanti di Tobruk)

Libia Erdogan invia truppe
Il generale Khalifa Haftar con il suo stato maggiore. Ai primi di gennaio le forze dell’Esercito Nazionale Libico, fedele al governo non riconosciuto di Tobruk, sono avanzate fino a pochi chilometri dal centro di Tripoli. (Camera dei Rappresentanti di Tobruk)
Le reazioni internazionali alla decisione di Ankara

L’iniziativa turca ha suscitato preoccupazione e condanne in molti degli attori nazionali e internazionali coinvolti nel dossier libico. A cominciare da Tobruk, sede del governo non riconosciuto che si contrappone al GAN, il cui Parlamento si riunirà in seduta urgente il 4 gennaio per decidere una risposta alla mossa di Ankara. Sul piano militare, un alto ufficiale dell’Esercito Nazionale Libico (LNA) guidato da Haftar ha dichiarato al sito dell’emittente emiratina Al Arabiya (gli EAU sostengono il generale della Cirenaica) che il LNA “non permetterà la presenza di qualsiasi forza turca ostile sul territorio libico” ed è “pronto a combattere”. Fra gli attori internazionali, l’Unione Europea ha lanciato un appello a “cessare tutte le azioni militari e a riprendere il dialogo politico”, ribadendo che tutti i suoi sforzi diplomatici sono volti a “impedire un’ulteriore escalation in Libia e a sostenere il processo di Berlino”. Algeria, Egitto (che pure supporta Haftar) e Lega Araba hanno fortemente condannato le ingerenze straniere in Libia. Anche il presidente americano Donald Trump avrebbe messo in guardia Erdogan sul rischio che tali ingerenze possano “complicare la situazione in Libia”.

L’attivismo tardivo dell’Italia e la missione UE del 7 gennaio

Pur essendo schierata a favore del GAN di Tripoli come la Turchia, l’Italia ha cercato nei giorni scorsi di dissuadere Ankara dall’invio di truppe in Libia, ma la telefonata del premier Conte a Erdogan non ha prodotto risultati. Dopo il voto del Parlamento turco, il viceministro degli Esteri, Marina Sereni, ha dichiarato su Twitter che tale decisione “aumenta le tensioni in un quadro già drammatico. La missione UE proposta dall’Italia è sempre più importante per chiedere a tutti gli attori di rispettare l’embargo ONU, far tacere le armi, ridare voce alla politica”.

La missione citata da Sereni è frutto del frenetico ma tardivo attivismo del Governo italiano (a proporla è stato il ministro degli Esteri Di Maio), che da qualche settimana sta tentando disperatamente di riguadagnare al nostro Paese un ruolo di primo piano nella crisi libica, entrata nella sua fase decisiva, a tutela dei forti interessi nazionali messi a repentaglio dall’offensiva di Haftar e dalla precedente inerzia di Roma. Alla missione in Libia, che si svolgerà il 7 gennaio e sarà guidata dall’Alto rappresentante della UE per la politica estera, Josep Borrell, parteciperanno anche i ministri degli Esteri di Italia, Francia, Germania e Regno Unito. Appena il giorno dopo si svolgerà un incontro fra Erdogan e Putin, e al momento sembra questo l’appuntamento da cui, più realisticamente, potrebbe venire una svolta positiva per l’esplosivo dossier libico.

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