A settant’anni dalla sua creazione, l’Alleanza Atlantica individua nella Cina un nuovo potenziale avversario e avvia una riflessione sui propri scopi e meccanismi di consultazione per superare i profondi contrasti interni emersi nell’ultimo periodo.
Si è concluso il 4 dicembre il vertice dei capi di stato e di governo della NATO tenutosi a Londra nel settantesimo anniversario della firma del Patto Atlantico, avvenuta a Washington il 4 aprile 1949. Ricorrenze storiche a parte, si è trattato di un summit importante perché i membri dell’Alleanza, nella dichiarazione congiunta finale, hanno per la prima volta riconosciuto “che la crescente influenza e le politiche internazionali della Cina presentano sia opportunità sia sfide, che dobbiamo affrontare insieme come Alleanza”. Inoltre, il documento definisce lo spazio come quinto dominio operativo della NATO, in aggiunta a quelli terrestre, marittimo, aereo e cibernetico. Altri passaggi salienti riguardano l’impegno a spendere di più per la difesa comune e a garantire la sicurezza informatica e delle comunicazioni, incluso il 5G, nonché a rispondere “in modo misurato e responsabile” allo spiegamento di nuovi missili a raggio intermedio da parte della Russia, le cui “azioni aggressive costituiscono una minaccia per la sicurezza euro-atlantica”.
Macron auspica l’istituzione di un “consiglio di difesa europeo”
Il tono ecumenico della dichiarazione congiunta e i risultati sbandierati dal segretario generale Jens Stoltenberg nella sua conferenza finale non bastano però a nascondere le divisioni interne all’Alleanza, emerse anche a Londra e rappresentate, in particolare, dalle posizioni di Francia e Turchia. Le settimane di avvicinamento al vertice sono state turbate dalle dichiarazioni del presidente francese Macron, che in un’intervista del 7 novembre al settimanale britannico «The Spectator» aveva definito la NATO “cerebralmente morta”, criticando il fatto che gli Stati Uniti non avessero consultato gli alleati euro-atlantici prima di ritirare le loro truppe dalla Siria e consentire alla Turchia, anch’essa membro dell’Alleanza, di condurre l’offensiva contro i curdi nel Nord-Est della Siria. A Londra, Macron non ha fatto passi indietro, evidenziando ancora una volta il desiderio di smarcarsi dall’azionista di maggioranza della NATO, gli Stati Uniti. Il capo dell’Eliseo ha nuovamente auspicato l’avvento di una nuova era “in cui l’Europa si difenda da sé e per sé”, nonché la formazione di un “consiglio di difesa europeo” sul modello di quello franco-tedesco già esistente e di uno strumento similare con il Regno Unito per il dopo Brexit.
Il presidente americano Trump, che aveva risposto a Macron con pari durezza, giudicandolo “molto offensivo” e “molto irrispettoso” per le sue affermazioni sull’Alleanza, ha aggiunto che “nessuno più della Francia ha bisogno della NATO e, francamente, chi ne beneficia meno sono gli Stati Uniti”.
In crescita gli stanziamenti europei alla NATO, mentre gli USA si apprestano a ridurre il loro
Il botta e risposta fra Macron e Trump si spiega anche con la concordata riduzione del contributo finanziario degli Stati Uniti alla NATO, riduzione che dovrà essere compensata dagli altri alleati. La gran parte di questi (inclusa la Francia) non ha ancora mantenuto l’impegno di destinare il 2% del proprio PIL alla Difesa entro il 2024, attirandosi in questo modo i periodici rimproveri di Washington che non intende più accollarsi la maggior parte delle spese per la sicurezza europea e della NATO. Le cose, però, si stanno già muovendo nella direzione voluta dalla Casa Bianca: la dichiarazione congiunta che ha chiuso il summit londinese evidenzia, infatti, come a partire dal 2016 gli investimenti non-statunitensi nella difesa dei paesi membri dell’Alleanza siano cresciuti di oltre 130 miliardi di dollari, una cifra che dovrebbe salire a 400 entro il 2024. Quanto alla riduzione del contributo americano, prima del vertice i paesi alleati avevano raggiunto un accordo secondo il quale, a partire dal 2021, la quota del solo budget centrale della NATO (2,5 miliardi di dollari che finanziano il quartier generale di Bruxelles e una manciata di operazioni congiunte) pagata dagli Stati Uniti scenderà dal 22% al 16%. Contemporaneamente, la quota della Germania passerà dal 14,8% al 16%, mentre il resto della differenza dovrà essere coperta dagli altri alleati.
Erdogan blocca il piano di difesa anti-russo nei paesi baltici e in Polonia
L’altro membro “dissidente” della NATO è la Turchia, che negli ultimi tempi si è allontanata dalle posizioni in politica estera degli alleati euro-atlantici per stringere una “relazione pericolosa” con la Russia di Putin, culminata con l’acquisto dei sistemi di difesa aerea S-400 che dovrebbe costare ad Ankara l’esclusione dal programma F-35. Proprio gli S-400 e l’operazione anti-curdi nel Nord-Est della Siria hanno scatenato un durissimo botta e risposta fra Macron ed Erdogan, accusatisi reciprocamente di appoggiare il terrorismo nel paese mediorientale, rappresentato da gruppi vicini all’ISIS, secondo il presidente francese; dalle milizie curde dell’YPG Unità di Protezione Popolare), secondo quello turco. Il problema investe direttamente anche la NATO, perché Erdogan ha annunciato che bloccherà l’implementazione dei piani di difesa militare della Polonia e delle repubbliche baltiche in funzione di un ipotetico attacco russo, per la quale è necessario il consenso di tutti i paesi membri, se l’Alleanza non riconoscerà l’YPG come organizzazione terroristica. Tale posizione è stata ribadita anche a Londra, tuttavia il segretario generale Stoltenberg si è detto convinto che gli impegni per la difesa collettiva nell’Europa nordorientale saranno mantenuti nonostante l’aut-aut di Ankara. Sebbene i rapporti fra Turchia e alleati occidentali rimangano tesi, vanno segnalate le parole amichevoli pronunciate da Trump nei confronti di Erdogan: “Mi piace la Turchia e vado molto d’accordo con il suo presidente″, ha detto il presidente americano, arrivando a giustificare l’acquisto degli S-400 da parte di Ankara con la decisione del suo predecessore alla Casa Bianca, Barak Obama, di non vendere i sistemi Patriot alla Turchia.
L’incontro fra Conte e Trump. La soddisfazione del ministro della Difesa Guerini
A margine della sua partecipazione al summit londinese in rappresentanza dell’Italia, il premier Antonio Conte ha svolto un colloquio con Donald Trump durante il quale avrebbe chiesto l’appoggio statunitense al governo libico riconosciuto dall’ONU. Tuttavia, sempre a margine del vertice NATO, Francia, Germania, Regno Unito e Turchia si sono incontrate per parlare specificamente della Libia senza invitare il Governo italiano. Uno smacco diplomatico per il nostro Paese, che va forse attribuito alla postura troppo defilata e attendista assunta da Roma sullo scenario libico negli ultimi mesi, proprio mentre l’offensiva su Tripoli delle truppe di Haftar (supportate dai loro sponsor stranieri, tra cui la Francia) rischia di capovolgere la situazione a svantaggio degli interessi nazionali italiani. Conte, da parte sua, ha ribadito che la soluzione alla crisi libica può essere soltanto politica e deve coinvolgere tutte le parti belligeranti, rinnovando il sostegno dell’Italia alla futura Conferenza di Berlino promossa dalla Germania.
Nel suddetto incontro fra Conte e Trump, il presidente degli Stati Uniti è ritornato sui pericoli legati al coinvolgimento del colosso cinese Huawei nello sviluppo delle reti 5G. “Huawei è un pericolo per la sicurezza. Ho parlato con l’Italia e sembra che non andranno avanti”, ha dichiarato il leader americano, che però il giorno seguente è stato smentito dallo stesso premier Conte: “Posso dire che con Trump abbiamo parlato di tanti argomenti, ma non di questo”. In ogni caso, il presidente del Consiglio ha precisato che “l’Italia si è dotata di una struttura normativa sofisticata, la più articolata ed efficace in Europa, ed è quella che governa le nostre azioni. Di fronte a qualsiasi richiesta di operatori di 5G abbiamo questa normativa, un perimetro di sicurezza cibernetica nazionale, vincoli, prescrizioni e strutture operative che indagheranno sulle singole richieste, e a quello ci atteniamo.”
Tornando all’ambito NATO, il ministro della Difesa Guerini ha espresso una valutazione positiva sul vertice di Londra: “In primo luogo, per la volontà di aprire una riflessione sulla NATO [espressa nella parte finale della dichiarazione congiunta, con l’obiettivo di rafforzare la dimensione politica e la consultazione interna, ndr.], che è alleanza forte e vitale ma che necessita di una opportuna revisione nel nuovo contesto in cui è chiamata ad operare. Senza però mettere in discussione le sue principali missioni: difesa collettiva, gestione delle crisi, sicurezza cooperativa”. Il secondo motivo di soddisfazione, per Guerini, è “la riaffermazione della complementarietà tra NATO e Difesa europea, i due pilastri della nostra sicurezza”. Il terzo, e si tratta di “un successo dell’iniziativa italiana dei mesi scorsi”, è “la conferma della centralità del cosiddetto ‘fianco Sud’ dell’Alleanza, un’area strategica ed essenziale per la nostra sicurezza. Un tema che è presente nelle conclusioni di questo summit e che è stato ribadito in numerosi interventi come fronte strategico del nostro comune impegno. Risultato che saluto con molta soddisfazione perché coglie un punto che da tempo l’Italia aveva posto all’attenzione.”