Gli USA testano missile “vietato” dal Trattato INF

Dic 16 2019
a cura della Redazione
L’esperimento, riguardante un prototipo con gittata compresa fra i 3.000 e i 4.000 km, è il secondo effettuato con un vettore di raggio intermedio dopo il ritiro di Washington dall’accordo firmato con l’URSS nel 1987.
Un momento del lancio del missile balistico terrestre (GLBM) a raggio intermedio effettuato il 12 dicembre. (Foto: U.S. DoD)

USA missile Trattato INF

USA missile Trattato INF
Un momento del lancio del missile balistico terrestre (GLBM) a raggio intermedio effettuato il 12 dicembre. (Foto: U.S. DoD)

La US Air Force, in collaborazione con lo Strategic Capabilities Office del Pentagono, ha effettuato il 12 dicembre un test di volo con un missile balistico terrestre (GLBM) lanciato dalla base aerea di Vandenberg, il secondo riguardante un vettore a raggio intermedio (il primo era stato condotto il 19 agosto con un missile cruise terrestre – GLCM) dopo il ritiro ufficiale di Washington dal Trattato INF (Intermediate-range Nuclear Forces Treaty).

Il Pentagono non ha divulgato informazioni dettagliate sul nuovo missile balistico, limitandosi ad affermare che il sistema, configurato per trasportare una testata convenzionale (non nucleare), è stato lanciato da piattaforma statica e ha terminato il suo volo in mare dopo aver percorso più di 500 miglia (800 chilometri). Il Dipartimento della Difesa non ha rivelato la gittata massima del missile, ma in base alle informazioni rilasciate la scorsa primavera dovrebbe essere compresa fra i 3.000 e i 4.000 chilometri.

(U.S. DoD)
Il nuovo sistema d’arma potrebbe essere schierato nel Pacifico e in Europa

Il sistema testato il 12 dicembre rientra fra quelli un tempo banditi dal Trattato INF firmato da USA e Unione Sovietica nel 1987. L’accordo, infatti, vietava i missili balistici e da crociera terrestri con raggio compreso fra i 500 e i 5.000 chilometri, e per più di trent’anni ha rappresentato uno dei principali strumenti di controllo degli arsenali nucleari delle due superpotenze. Fino allo scorso 2 agosto, quando Washington ha ufficializzato la sua decisione di abbandonare il Trattato dopo aver ripetutamente accusato Mosca di averlo violato negli anni precedenti (a farlo per la prima volta fu l’ex presidente Barak Obama nel 2014), in particolare con lo schieramento dei nuovi missili SSC-8 lanciabili da piattaforma mobile. Come ulteriore motivo per denunciare il Trattato INF, l’amministrazione Trump ha addotto il fatto che l’accordo svantaggiava gli Stati Uniti anche rispetto alla Cina, la potenza emergente del nuovo ordine mondiale, che non l’aveva firmato e dunque non era tenuta a osservarne le limitazioni. Non a caso, la gittata del nuovo missile consentirebbe di colpire alcune zone della Cina dalla base americana di Guam.

Il Pentagono ha fatto capire che ci vorranno alcuni anni prima che il vettore sia pronto per il dispiegamento. Subito dopo l’annuncio del test del 12 dicembre, ai giornalisti che gli chiedevano se gli Stati Uniti stessero considerando la possibilità di schierare un missile a raggio intermedio in Europa, il segretario della Difesa Mark Esper ha risposto: “Una volta che avremo sviluppato questo tipo di missile, e se i miei comandanti ne faranno richiesta, allora lavoreremo a stretto contatto e ci consulteremo con i nostri alleati in Europa, Asia e altrove nel mondo, per decidere il suo eventuale dispiegamento”.

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