Nonostante le indiscrezioni seguite alla sua esclusione dal programma JSF, Ankara nega di voler sostituire gli F-35 con i jet prodotti in Russia, ma dopo il caso degli S-400 non è improbabile un nuovo gesto di rottura verso gli Stati Uniti e la NATO.
“Le notizie secondo cui la Turchia acquisterà jet da combattimento Su-35 non sono vere. Siamo partner del programma F-35 e vogliamo che i nostri diritti vengano garantiti”. Con queste parole, riportate dal portale Haberler.com il 29 ottobre, il ministro della Difesa turco Hulusi Akar ha smentito le indiscrezioni circolate recentemente circa la presunta intenzione di Ankara di acquisire caccia multiruolo russi per ovviare all’estromissione dal programma JSF.
Le voci di un possibile ripiego dei turchi sul Su-35 avevano cominciato a diffondersi all’indomani della visita compiuta dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan a Mosca lo scorso 27 agosto. In quell’occasione, Erdogan visitò l’airshow MAKS-2019 in compagnia del presidente russo Putin e mostrò interesse per il Su-35, dicendo di non poter escludere che la Turchia lo avrebbe acquistato assieme al Su-57 in sostituzione dell’F-35. Meno di un mese dopo, il 22 ottobre, il direttore del Servizio federale russo per la cooperazione tecnica militare, Dmitry Shugayev, ha dichiarato che era troppo presto per parlare di trattative vere e proprie fra i due paesi per la vendita del Su-35 e del Su-57, ammettendo però che si stavano svolgendo consultazioni. Tre giorni dopo, il quotidiano turco Sabah ha riportato che Ankara era vicina a un accordo con Mosca per l’acquisizione di 36 Su-35 e che sul tavolo vi era anche la possibilità di far produrre in Turchia alcune componenti del jet russo. Infine, è arrivata la smentita del ministro della Difesa, Akar.
Con questo alternarsi di notizie e dichiarazioni contraddittorie, non è facile prevedere gli sviluppi del caso. Può darsi che Ankara voglia esercitare pressione sugli Stati Uniti per essere riammessa nel programma F-35, nell’ambito del quale avrebbe acquistato un centinaio di aerei e beneficiato di importanti ritorni industriali (stimati in 12 miliardi di dollari) attraverso la produzione su licenza di determinate componenti del caccia di quinta generazione. Tuttavia, la precedente acquisizione da parte turca del sistema missilistico russo S-400 (incompatibile col sistema di difesa aerea della NATO) nonostante i ripetuti avvertimenti di Washington rende plausibile anche l’ipotesi di un secondo strappo di Ankara nei confronti degli Stati Uniti e dell’Alleanza Atlantica. Uno strappo che, a quel punto, non sarebbe più possibile ricucire.